00 28/08/2007 15:16
Una nave, un porto e un Paese ostaggi dei soliti barbari in trasferta
Vorrei scrivere di calcio. Con una premessa, non ne capisco niente e non lo vedo mai.

La questione è seria. E se siamo pieni di metafore di questo mondo così frullato, che ci costringe in una morsa sempre più oppressiva, il calcio è la metafora della metafora.

Di calcio si vive, di calcio si muore. Calcio era un gioco, calcio è affari, sporcizia, ricettacolo di omuncoli assurti a grandi uomini e resi potenti da un impazzimento collettivo, da una costrizione violenta esercitata da un ex gioco, che regola giornate, assorbe risorse, corrompe, droga, arma i violenti e fa eroi signori dai polpacci scolpiti e dalla capoccia dura.

Questo mondo è anche politica, e non si può toccare troppo, perché a toccarlo ci si rimette le penne. È un mondo che, come i don Gelmini di turno, non accetta nessuna giurisdizione che non sia autoreferenziale. Giurisdizione che viene esercitata con il compromesso, la compravendita, dove tutto si aggiusta all'italiana, e dove i vari gradi dei cosiddetti giudizi, a cascata fanno a chi fa meno male agli imputati di turno.

C'è complicità diffusa e il finto pianto greco che ogni tanto si sente, anche nella stampa, rientra subito, nel superiore interesse di quella incredibile complicità e connivenza che si crea, in un cortocircuito ad altissima tensione.

Il Cagliari ha vinto, questo conta. Conta poco che dei normali e tranquilli cittadini, passeggeri di una nave di linea per la Sardegna, debbano partire con tre ore di ritardo, perché dei cosiddetti tifosi al seguito, dopo aver sfasciato una nave all'andata, aver preteso, senza riuscire, di viaggiare su un treno senza il biglietto, tenuto in ostaggio Civitavecchia per una giornata, volevano riprendere quella nave, che non li ha più accolti. L'Unione Sarda racconta il tutto con precisione.

A nulla è servito anche l'invito della società a non partire. Questi delinquenti comuni sempre a piede libero, pretendono che seguire le partite a carico del contribuente, senza pagare, sia come esercitare un diritto del cittadino.

Si deve constatare un'impotenza diffusa, una debolezza degli strumenti della legge, che non può perché non si toccano gli interessi di un, oggi, ex presidente del consiglio padrone di una squadra, di un imprenditore calzolaio di lusso che si è comprato la sua, di un petroliere che gioca a comprare schiavi di gran prezzo, di altri piccoli personaggi che usano la lotteria del calcio per i propri affari.

Non si può continuare a parlare e scrivere di calcio come se si scrivesse di calcio. La cosiddetta cronaca calcistica, che occupa mezzo giornale al giorno, per rimestare la minestra di quel teatrino domenicale, deve andare in nera. Quello è il suo spazio.

Lo è anche se ci sono i galantuomini, magari molti, tra chi organizza o molla le sue pedate domenicali a livello di grande circuito. Essi stessi sono oggettivamente compromessi, perché non c'è presa di distanza reale, volontà di chiarire e cambiare, c'è una complicità oggettiva, e magari quel galantuomo serve a imbiancare un po' quella congrega.

Abbiamo una polizia allo stremo, che deve passare la domenica mobilitata a ridurre al minimo i danni e qualcuno ci lascia anche la pelle. Costi economici e sociali enormi, per i ghiribizzi di una lobby intoccabile e impunita, che spesso ha prezzolato la delinquenza comune, gruppi fascisti e razzisti a sostegno delle proprie gestioni societarie malandate e malfamate.

Non è nemmeno più spettacolo, come potrebbe ancora essere quella roba che si svolge in campo, perché, lo abbiamo saputo, le partite sono, spesso diciamo, truccate, gli arbitri non cornuti, come nella vulgata popolare, ma venduti spesso, questo sì, è dimostrato.

Chi ci aperto gli occhi? Non certo il mondo del calcio che ha dimostrato di non avere i suoi anticorpi, ma la solita magistratura rompiscatole, che fa il suo dovere mettendo il naso dove ha il dovere di metterlo, tra enormi difficoltà in un mondo chiuso a riccio. Ha dovuto addirittura aprire un'inchiesta sull'inchiesta per le camarille che ci sarebbero stata in sede di contrattazione, al ribasso, delle pene per la grande inchiesta sulle partite truccate.

E oggi tutto questo è sparito, perché il Cagliari ha vinto, la Juventus ha riconquistato il suo ruolo, già perso per i trucchi, gli inganni e le truffe, altri sono andati così e così.

Comunque si è giocato a 40 all'ombra, perché il calcio è ineluttabile, è un destino. Si fermino pure treni e aerei, si blocchi il parlamento, il governo vada pure in crisi, la borsa chiuda con ribassi paurosi, ma la partita no, quella non può lasciare a bocca asciutta potentati televisivi, delinquenti e provocatori razzisti, spacciatori che allo stadio sono in grande attività, pedivendoli di razza, poveri cronisti costretti a passare la domenica a commentare il niente o fare la cronaca nera, poliziotti forzati del tifo, quello incurabile, pare.

Questa è una nazione senza speranza e senza midollo. Non se ne esce e la gente non ne può più. Fate per favore qualcosa di civile. Restituiteci una vita civile.