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Il giardino degli alberi di Natale

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  • filodiseta
    00 18/12/2006 00:16





    Era quasi Natale ormai: nelle notti interminabili e gelide, la piccola Ninì, bimba un po’ dolce e un po’ scorbutica, un po’ docile e un po’ capricciosa, si poteva cullare pigramente in lunghi e tiepidi sonni tra le calde lenzuola colorate del suo lettino. Accanto a lei, il suo orsacchiotto, compagno di sogni e di giochi fin da quando era ancor più piccina: lo aveva stretto ormai troppe volte tra le mani, talvolta abbandonato e trascurato, altre pettinato e vestito come un bambolotto o macchiato, mentre simulava di dargli la pappa. Preso e lasciato secondo la sua fantasia, era stato a volte il suo bambino amato e coccolato all’esasperazione, a volte un nemico sbattuto senza riguardo alcuno, negli angoli più bui della casa.
    Lui desiderava momenti di libertà all’aria aperta, ma i soli che gli venivano concessi erano quelli in giardino, dove però veniva regolarmente abbandonato su una panchina, oggetto delle attenzioni del grande cane da caccia, un setter irlandese, che pensava bene ogni volta di riportare la “preda” ai piedi della padroncina, sempre impegnata a correre intorno alla casa o tra le piante da frutto, nell’orto.
    Il povero orsetto sentiva i momenti di affetto intenso, ma la sofferenza di quegli attimi di abbandono superava ogni possibile gioia.

    In quei giorni, poco prima del Natale, c’era stata un’abbondante nevicata e l’orsacchiotto percepiva il profumo della neve, quando la mattina, la finestra della stanza restava aperta per il cambio dell’aria. Quel pezzo di esterno che entrava nella camera, per magia lo animava, così poteva raggiungere il davanzale con le sue zampe e ammirare da vicino i fiocchi che cadevano a terra.
    Tenne segreto questo suo potere, continuando a vivere la solita vita, ma progettando in cuor suo di tentare un’uscita di casa, una di quelle notti. La neve esercitava su di lui un forte richiamo: cercò delle calde muffole, un’enorme sciarpa di lana e scarponi pesanti, tra le cose smesse della bambina e le nascose in un posto dove di notte prendendole, non avrebbe fatto rumore.

    E il momento propizio venne prima di quanto pensasse: tutto andò liscio come l’olio, nessuno si accorse di nulla e in un soffio si ritrovò per la strada tra i “cavalloni” di neve ai lati. Gli sembravano ghiacciai immensi, tanto si sentiva piccolo e per sentirsi grande, guardò il cielo mentre camminava infreddolito e impaurito, cercando riparo sotto la siepe di un giardinetto pubblico, per aspettare la luce del giorno.
    E venne l’alba che vide il giardino popolarsi di decine di altri orsacchiotti, che come lui volevano respirare un po’ di libertà. Tutti con sciarpe e muffole di colore diverso: sembrava che si conoscessero perché immediatamente, tra loro, iniziò il lancio chiassoso delle palle di neve. Un orsetto biondo, dal pelo folto e morbidissimo, lo vide rannicchiato sotto la siepe e lo invitò a giocare. Fu per lui un momento di grandissima gioia: tutti lo accolsero con grande entusiasmo e, al momento del congedo, gli diedero appuntamento per giocare anche il giorno dopo, nello stesso posto. Poi di colpo, sparirono prendendo ognuno, una strada diversa per tornare a casa.
    Il nostro piccolo amico, ancora solo e sconsolato, si avvicinò al suo nascondiglio e, al riparo dagli sguardi dei passanti, vide, a digiuno e al freddo, scorrere la vita frenetica della città, fino all’imbrunire… poi, cadde in un sonno profondo. Forse l’indomani, avrebbe deciso di prendere anche lui la via di casa, di preferire le “torture” della padroncina, alla vita di vagabondo…

    Si risvegliò nel cuore della notte: il freddo era insopportabile, si sentiva intirizzito e aveva le estremità doloranti per il gelo, ma attorno a sé il giardino era una festa di luci intermittenti di tutti i colori, che spuntavano dagli abeti e dai pini. Pensò che avvicinandosi a quelle luci, avrebbe sentito meno freddo e sarebbe riuscito più facilmente a trascorrere il resto della notte.
    Si sdraiò sotto uno di quegli alberi, il più maestoso, arrotolato nella grande sciarpa di lana che si era portato e, prima di cercare di riaddormentarsi, guardò il cielo che mostrava le sue stelle anche attraverso i rami di quella pianta secolare. Ne vedeva un piccolo gruppo chiaramente, come puntini d’oro cangianti: pensava che se li avesse uniti con una matita, avrebbe ottenuto una specie di quadrato da colorare.

    Non sapeva che stava osservando la costellazione dell’Orsa Maggiore.

    I suoi occhi stavano per chiudersi, quando un bagliore repentino glieli riaprì e quasi li accecò: un enorme fascio di luce si era posato a cono sull’albero illuminato e lui, si sentiva improvvisamente al caldo, come protetto da accoglienti mura domestiche. Ora distingueva chiaramente i rami del pino: su ognuno c’erano balocchi coloratissimi e leccornie di ogni tipo. Il raggio dorato, su quella piccola meraviglia, pareva si fosse solidificato, come vetro e all’improvviso sentì la terra vibrare sotto di sé. Non si rese conto nemmeno di ciò che stesse accadendo: il cono di luce proiettato a terra, si ricongiunse alla sua stella, portando lui e il suo albero con sé, nella maestosità del Cielo.
    Sembrava incredibile: l’Orsa Maggiore aveva trovato un piccolo orso infelice perché incapace di vivere la sua libertà.
    Da quel momento si sarebbe presa cura di lui, senza mai lasciarlo solo, accompagnandolo a visitare, sul suo carro, tutti i posti più belli della galassia per ritrovarsi lì, ogni notte di Natale ad addobbare il grande albero di luci e leccornie e calarlo a terra su un raggio di luce, per far rinascere nella gioia della libertà, un’altra creatura infelice.



    auguri cari

    daniela

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    vanni-merlin
    Post: 7.015
    Registrato il: 09/08/2004
    Utente Master
    00 18/12/2006 00:22
    benvenuta nella piazza, Daniela, con questo tuo dolcissimo racconto...

    ...che l'Orsa maggiore si prenda cura dei bimbi che godranno della tua fiaba


    ciao


    vanni


    vanni
  • fiordineve
    00 03/07/2008 00:02


    Dolcissima fiaba che pure i grandi apprezzano. [SM=g6903]