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L'UNITA'
26 settembre 2006
Uliwood party
La repubblica di Falò
Marco Travaglio

Siamo sicuri che, imponendo per decreto ai pm di distruggere subito i dossier raccolti illegalmente dalla Telecom parallela, si eviterà - come dice Prodi - che "il marcio dilaghi"? Siamo certi che fare immediatamente un gran falò di tutta l'immondizia raccolta da Tavaroli, Cipriani & C. sia la soluzione migliore? Le obiezioni al decreto sono tali e tante da imporre di discuterne con calma.
1) Si fa un gran parlare di intercettazioni illegali, cioè di conversazioni, telefoniche e non, registrate abusivamente dalla security Telecom e dagli 007 al seguito. Ma, nell'ordinanza di custodia firmata l'altro giorno dal gip Belsito per arrestare i presunti 21 spioni, non si fa alcun cenno a intercettazioni: può darsi che costoro ne abbiano fatte, ma finora non se n'è trovata neppure una. Si parla invece di dossier, pedinamenti, tabulati, carte bancarie, "ascolti" ravvicinati, intrusioni varie. Nessuna telefonata carpita illegalmente. Lo sanno o no, coloro che si sono affannati tutti tremanti intorno al decreto?
2) Se si distrugge il dossier, si cancella un corpo del reato. E' come bruciare una busta di polvere bianca senza prima appurare se è farina o cocaina, o una pistola senza prima accertare se è un giocattolo o una P38: così, quando si processa il possessore, quello potrà raccontare che era farina, o un giocattolo, e farla franca. Un conto è stabilire, forse giustamente, che il contenuto dei dossier non può diventare "notizia di reato", cioè indizio o prova a carico degli spiati, un altro è cancellare la prova del reato degli spioni. Non solo: e se poi, nei dossier, si annidassero elementi utili per risalire agli eventuali assassini del povero Adamo Bove? Con che coraggio si può bruciarli, stabilendo a priori che qualunque cosa contengano dev'essere inutilizzabile?
3) Si dice che anche le lettere anonime sono inutilizzabili. E' vero: non possono diventare prove a carico di nessuno. Ma, se un anonimo segnala che Tizio sta per ammazzare Caio, la polizia va sul posto e cerca di salvare la vita a Caio, e se non ci riesce arresta Tizio e i giudici lo condannano: non in base all'anonimo, ma in base alle prove raccolte proprio grazie alla soffiata.
4) Ufficialmente, il decreto-falò mira a stroncare sul nascere possibili ricatti facendone sparire lo strumento: ma ciò poteva avere un senso prima che venissero inventate le fotocopiatrici, i floppy e i cd. Davvero si pensa che chi ha accumulato dossier per anni e anni ne abbia fatto una sola copia, proprio quella sequestrata dagl'inquirenti?
5) Si dice che, se non si distruggono i dossier sequestrati, questi potrebbero finire sui giornali, con pubblicazioni illegali e gravi violazioni della privacy. Ma è come dire che, a Napoli, bisogna distruggere tutti gli orologi e tutti i gioielli perché qualcuno potrebbe rubarli. Non riuscendo a impedire i furti e i borseggi, si fa sparire l'eventuale refurtiva. Invece, basterebbe anticipare per decreto l'unica parte ragionevole del ddl Mastella sulle intercettazioni lecite, quella che istituisce un "archivio riservato" presso le Procure, sigillato sotto la responsabilità di un custode (tipo il procuratore), e tutto il materiale sequestrato resterebbe chiuso lì dentro finchè, finiti i processi, i giudici non decidano che si tratta di roba inutile e può essere distrutta.
6) Per ogni dossier illecito, c'è almeno una vittima che ha diritto di denunciare gli spioni. Se si distrugge il dossier, stilando un verbale senza -dice il decreto- "alcun riferimento al contenuto", come potrà la vittima far condannare lo spione senza la prova di essere stata spiata? Lo spione potrà sostenere che il dossier era un esercizio di fantasia e nessuno potrà smentirlo (anche un turbogarantista come Pisapia, infatti, propone una modifica al decreto per anticipare l'acquisizione dei dossier prima del processo, con l'"incidente probatorio"). Insomma, secondo molti, il decreto viola il diritto delle difese e delle vittime, nonchè l'art. 111 della Costituzione: la prova si forma al dibattimento. Lo chiamavano "giusto processo": com'è che hanno cambiato idea?





INES TABUSSO