00 21/08/2006 22:46
VISCO: "CHI MI ACCUSA? SONO GLI AMICI DEGLI EVASORI"



DI SEGUITO, DOPO L'ARTICOLO DELLA REPUBBLICA, UNA PICCOLA RASSEGNA DI ARTICOLI DEI PRESUNTI "AMICI DEGLI EVASORI".
NESSUNO PUO' AFFERMARE CON CERTEZZA CHE LO SIANO, MA QUEL CHE SI PUO' DIRE, PERCHE' RISULTA EVIDENTE, E' CHE STANNO USANDO TONI SCANDALIZZATI E DRAMMATICI CHE NEANCHE PER I PRIGIONIERI DI GUANTANAMO E ABU GHRAIB.
NESSUN CONSIGLIO INVECE PER I "TORTURATI" CHE VERSANO AL FISCO TUTTO IL DOVUTO, NEANCHE L'INDIRIZZO DI UNA BUONA ASSOCIAZIONE PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI:



LA REPUBBLICA
21 agosto 2006
Il senatore Pionati dalle colonne del Tempo parla di caccia alle streghe
Replica il viceministro: "Non faremo nulla per danneggiare chi paga le tasse"
Fisco, Visco: "Chi mi accusa?
Sono gli amici degli evasori"
Sull'Anagrafe tributaria: solo una razionalizzazione dei dati


ROMA - "La paura viene diffusa ad arte dagli amici degli evasori...". E' perentoria la replica del viceministro dell'Economia Vincento Visco a chi lo accusa di una sorta di caccia alle streghe in tema fiscale. Tra questi sicuramente Francesco Pionati, senatore Udc che - dalle colonne del Tempo - si scaglia oggi contro la politica fiscale del governo Prodi.

"Per Visco - scrive Pionati - gli italiani non sono potenziali contribuenti, ma potenziali evasori da indagare con accanimento fino ad arrivare ad una vera e propria schedatura fiscale. "Non faremo niente che possa danneggiare chi paga le tasse e non faremo niente che non viene già fatto nei paesi civili", taglia corto Visco bollando come "ridicole" le critiche. Un cambiamento che il viceministro annuncia riguarda i controlli. "La scarsa consistenza dei controlli fiscali nel 2005 - spiega Visco - si commenta da sola, ma è chiaro che questo cambierà".

Sia la riorganizzazione dell'Anagrafe tributaria, sia quella dell'Anagrafe dei conti non hanno nulla di rivoluzionario. Per il viceministro si tratta di semplificazioni volte a migliorare il rapporto tra contribuente e Stato.


Ed è proprio la riorganizzazione dell'Anagrafe tributaria incentrata sul contribuente e non più sull'imposta ad aver scatenato la paura del 'Grande Fratello' suscitando forti malumori nell'opposizione. Si tratta, spiega Visco, di "una razionalizzazione dei dati già esistenti in modo da poter digitare un nome per sapere quello che succede a lui, alla sua famiglia: è una forma di controllo. Io non l'ho presentata mai - sottolinea - come un'innovazione".

Lo stesso è avvenuto con l'Anagrafe dei conti, ricorda il viceministro dell'Economia, che "fu fatta con la manovra" destando polemiche e che, spiega, "è semplicemente un elenco del telefono che mi consente di abbreviare i tempi degli accertamenti dei conti".

A chi lo accusa di voler reintrodurre il redditometro e cambiare i parametri di riferimento della tassazione, Visco replica: "Gli accertamenti induttivi si fanno già in tutti i paesi sulla base del tenore di vita e ci sono già le norme. Chi voleva cambiare la tassazione erano quelli che forfettizzavano i gettiti, e che avevano introdotto il condono come mezzo ordinario di pagamento delle imposte".

Di fronte alle richieste di concertazione avanzate dalle categorie e dai sindacati Visco conferma che a settembre saranno avviati tavoli: "Non abbiamo fatto altro che parlare con le parti sociali, passeremo settembre a fare riunioni".




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IL TEMPO
21 agosto 2006
La missione pericolosa di Visco-Fisco
di FRANCESCO PIONATI

PREOCCUPA l’impianto ideologico di Visco teso a fare cassa. Il viceministro, infatti, considera gli italiani non come potenziali contribuenti bensì tutti come potenziali evasori.

LA FILOSOFIA di Visco assomiglia tanto a quella delle pattuglie della stradale (fortunatamente poche) che nascondono gli autovelox dietro i cespugli per non dare scampo agli automobilisti: un modo di colpire, perfettamente legittimo, ma un po’ vile, che esaspera i poteri di controllo e altera il significato profondo che dovrebbe avere - per ogni cittadino - l’autorità dello Stato, elemento di protezione e non di persecuzione. Sarà che Visco fa rima con fisco ma ci pare che il viceministro viva la sua missione politica come una ossessione e si veda non come un uomo di governo, ma come una sorta di "giustiziere della nota (spesa)" nelle cui mani è il futuro del Paese. Al di là dei singoli provvedimenti - per ora solo abbozzati ma assolutamente non condivisibili, come il ritorno della tassa di successione - quello che preoccupa è l'impianto ideologico su cui Visco poggia le sue teorie fiscali: per lui gli italiani, più che potenziali contribuenti, sono tutti dei potenziali evasori da indagare con accanimento, sottoporre a controlli ferrei, esasperare attraverso una serie di vessazioni e verifiche finalizzate ad una vera e propria schedatura fiscale. L’Italia che immagina Visco è una sorta di Grande Fratello che, attraverso l’elettronica ed il meccanismo dei controlli incrociati, entra nell’«anima fiscale» dei cittadini e ne conosce i movimenti finanziari più ancora del loro dna. Probabilmente perché, mentre la conoscenza del codice genetico è tutto sommato orientata alla tutela della salute dei cittadini (affare che interessa assai poco a Visco), la radiografia dei loro movimenti economici e conti correnti serve piuttosto a tenerli sotto controllo. Nella filosofia e nella pratica del viceministro, tuttavia, c’è un drammatico buco nero destinato a invalidarne ogni iniziativa. Non capisce o non ricorda, l’onorevole Visco, che i suoi metodi hanno sempre assicurato l’effetto opposto a quello sperato. Perché sempre e comunque, in qualunque sistema politico e a qualunque latitudine geografica, quanto più i cittadini percepiscono il fisco (e con esso lo Stato) come uno strumento di oppressione e di persecuzione, tanto più cercano di sfuggirgli attraverso tutti gli strumenti disponibili. E quanto a ingegno, inventiva e coraggio, è noto che gli italiani non sono secondi a nessuno. Insomma, caro Visco, noi siamo convinti che con la sua strategia l’evasione fiscale sia destinata ad aumentare e non a decrescere; che trattare le famiglie italiane come dei limoni da spremere fino all’ultima goccia sia la scelta più miope e stupida che possa compiere un uomo di governo; che collocare i cittadini in una luce sempre negativa, fatta di sospetti e sfiducia, sia l’approccio ideologicamente più sbagliato che solo le antiche radici comuniste dello Stato-padrone possono giustificare. E proprio in questa direzione, ad alimentare i nostri sospetti c’è l’ombra ancora più cupa che Visco sia guidato da una sorta di furore politico. Un sospetto che non deve essere solo il nostro se è vero, com'è vero, che anche il Ministro della Giustizia - a cui non difettano né l'intuito né la sincerità - avverte Visco con una frase che non può alimentare dubbi interpretativi: «non possiamo colpire - dice Mastella - solo chi non ci ha votato». Mastella, come tutti sanno, è esponente del centrosinistra. E poiché a non votare l'Unione è stata la metà degli italiani, c'è di che essere allarmati. Restiamo, per ora, nelle grinfie di Visco. Convinti tuttavia che gli italiani stiano aprendo rapidamente gli occhi su quel che accade e che siano perciò maturi i tempi per manifestare al governo - nei tempi giusti e nei modi leciti - tutto il proprio disappunto. Sarà, secondo noi, uno dei temi della ripresa politica d’autunno.




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IL RIFORMISTA
21 agosto 2006
TASSE. LA LOTTA ALL’EVASIONE E IL DESTINO DEI PICCOLI EVASORI
DI OSCAR GIANNINO
L'Unione e il rischio del fisco-giustizialismo


E' stata una settimana promettente, per un dibattito riformista sul fisco in vista della Finanziaria. Non ci sono stati infatti solo attacchi esagitati dell'opposizione, e difese d'ufficio da parte della maggioranza, dopo l'intervista di Vincenzo Visco che ha rilanciato cinque obiettivi: un sistematico potenziamento dell'anagrafe fiscale fatta «per contribuenti» e non più «per imposta»; l'inasprimento degli studi di settore per autonomi e professionisti; una revisione delle aliquote ex Irpef tutta «verso il basso», a diminuire l'aliquota attualmente al 23%; il rialzo verso il 20% delle aliquote su compravendite azionarie e obbligazionarie; l'imposta di successione per grandi patrimoni. L'interesse maggiore, per i riformisti, è che all'incrociarsi di lame si sono affiancati interventi più pacati, fattuali, di osservatori che sostengono il centrosinistra, dunque insospettabili di equiparare Visco a Nosferatu.
Per esempio Francesco Giavazzi e Tito Boeri. Il primo, ragionando su una Finanziaria volta ad aggredire davvero l'inefficienza di una spesa pubblica tanto elevata, ha osservato che alla luce dei recenti andamenti mondiali - la frenata della produttività e della crescita americana, la gelata che da giugno torna a gravare su produzione industriale e indici di fiducia del Paese leader dell'Ue, la Germania - le imposte in Italia bisognerebbe diminuirle e non alzarle, visto che siamo alle prese con ordinamenti competitivi ad aliquota marginale più bassa della nostra, su persone fisiche e imprese. Boeri, stratigrafia dell'occupazione italiana alla mano, ha rilevato che l'effetto di un giro di vite tanto enfatizzato sui lavoratori autonomi avrebbe effetti evidenti, ma sin qui sottaciuti. L'ennesima revisione al rialzo dei criteri fiscali presuntivi di settore vedrebbe infatti gli studi professionali ricalcolare le soglie presuntive di produzione da non superare, per non far scattare “troppo in su” rispetto a oggi il reddito dichiarato. Al contrario, di fronte a una campagna dura «paghi chi deve» sarebbero probabilmente alcuni milioni - tra i 2 e 3 - di lavoratori dipendenti a basso reddito e pensionati, che attualmente svolgono doppi e magari tripli lavori “fiscoesenti” o “fisco-mascherati”, i primi a ridurre sostanzialmente o del tutto la propria attività, contando su integrazioni di reddito del proprio nucleo familiare.
Il ragionamento di Boeri non è solo pienamente fondato, poiché il mendacio evidente dell'anagrafe tributaria non vede affatto nei soli professionisti o commercianti gli evasori incalliti. Ha anche un'altra caratteristica: sottolinea in maniera concreta e senza polemica che effetti inintenzionali si manifesterebbero appieno anche nella stessa base politico-sociale che l'Unione considera non solo storicamente acquisita - nelle regioni “rosse” - ma altresì la sostenitrice ideale più convinta, della «svolta antievasione» di Visco. Effetti inintenzionali che inducono osservatori terzi come Giuseppe De Rita a concludere che si tratta di un grave errore: con una crescita italiana che stenta a rafforzarsi e rischia di ricongelarsi, converrebbe puntare a una «complicità dei ceti» invece di predicare la guerra fiscale e di incitare alla delazione di chi non paga.
Sul fisco - come troppe volte è avvenute dalla riforma di 32 anni fa sino a oggi - si tende a ragionare spesso più ideologicamente che sulla base di una reale e approfondita conoscenza della realtà economica del Paese, di come manutenerla e rilanciarla invece di minarne le basi. Ed è per questo che dal punto di vista riformista bisogna augurarsi che critiche costruttive come queste spingano l'Unione a riflettere, prima della Finanziaria, su convenienza politica e opportunità economica di una siffatta enfasi fisco-giustizialista. Senza dimenticare l'allarme-Giavazzi: in un Paese in cui il prelievo fiscale è cresciuto dal 1970 a metà degli anni 90 di ben 27 punti percentuali di Pil attestandosi allora al 45%, e che oggi ancora non riesce a scendere sotto il 42% mentre le economie che tirano lo hanno più basso, il problema italiano è quello di una minor spesa pubblica, non di un maggior prelievo. L'evasione è figlia di più alte aliquote marginali, non di una maggior predisposizione genetica degli italiani all'illegalità.




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IL GIORNALE
21 agosto 2006
Visco-Robespierre e il Terrore fiscale
di Carlo Pelanda

Il professor Vincenzo Visco è criticabile, prima di tutto, sul piano scientifico. La Scienza delle finanze cerca i mezzi e le politiche per far funzionare realisticamente un contratto fiscale nazionale. Nelle misure adottate e progettate da Visco sia di aumento delle tasse sia di polizia non c'è nulla di realistico. Distorceranno l'economia deprimendo il Pil ed incentiveranno nuovamente l'evasione ed elusione di massa. La critica tecnica a Visco è di adottare una ideologia delle finanze e non una scienza. Quella morale è di tentare di realizzare misure irrealistiche aumentando il grado di violenza, fino ai limiti della violazione dello Stato di diritto. Ciò lo rende figura simile ad un Robespierre portatore di un Terrore fiscale che oltre a danneggiare l'economia potrà destabilizzare la società. Sono critiche pesantissime che qui argomenterò.
Prima quella tecnica. La Teoria del controllo (Ashby, 1956) mostra con chiarezza che la varietà delle procedure di controllo deve essere pari a quella delle possibili violazioni. Visco sa benissimo che il ceto medio produttivo tartassato sarà più incentivato ad evadere le tasse. Per questo ha pensato di aumentare la varietà dei controlli e la loro vastità. Ci potrà riuscire? Le transazioni bancarie saranno tutte rese tracciabili. Per rinforzare tale misura ha vietato i pagamenti in denaro liquido in modo che possano essere registrati in forma di assegni, carte di credito/debito, ecc. Ha attivato un sistema tecnologico dove tutti questi dati saranno riportati su schede personali.
In sintesi, ritiene che la capacità di schedatura totale, preventiva e continua sia uno strumento adeguato per far pagare tutte le tasse, aumentarle, e dissuadere l'evasione. Errore clamoroso. Qualsiasi ricercatore, con un semplice calcolo, può mostrare che la varietà delle elusioni possibili resta molto maggiore di quella dei controlli. Non solo in teoria, ma osservando cosa sta succedendo nella realtà: molto capitale sta migrando all'estero, i titoli tassabili dallo Stato vengono convertiti e santuarizzati, c'è un mercato crescente delle transazioni con liquidità in nero, ecc. Quindi la misura certamente fallirà, riducendo il potenziale di gettito per lo Stato. Ma ridurrà anche la crescita del Pil mantenendolo sotto il suo potenziale teorico. Non solo per l'aumento del nero, ma per il maggiore vantaggio dei soggetti economici ad evitare di apparire sulle schede della polizia fiscale come ricchi e per paura. Meno investimenti, meno acquisti in Italia, ecc. In sintesi, il controllo non funzionerà ed avrà effetti distorcenti. La critica politica e morale è quella di ripristinare una visione classista/conflittuale contro quella interclassista/integratrice. L'evidenza mostra che Visco sta vessando e punendo preventivamente il ceto medio produttivo così definendolo come classe sociale nemica. A parte l'imprudenza sul piano economico di demonizzare chi crea ricchezza – imprenditori, commercianti, artigiani, professionisti - è inaccettabile una politica che contrapponga classi e lo Stato ad una classe. Togliatti e Berlinguer la evitarono attentamente.
Chi è Visco, nel sistema post-comunista, da permettersi di rischiare una guerra contro il popolo dei produttori? Perché di questo si tratta. Lui pensa che il suo sistema di controlli possa funzionare. Se fosse così la classe media produttiva sarebbe espropriata da un sistema fiscale che non riconosce i costi nascosti ed il prezzo del rischio imprenditoriale, messa in carcere, tenuta sotto il Terrore. Ovviamente si ribellerebbe. Il sistema di Visco non funzionerà e la classe media avrà uno spazio di ribellione fiscale privata che eviterà quella di massa. Ma il punto è che questo uomo sta facendo una politica che spaventa e indigna – giustamente - la classe sociale che produce la ricchezza della nazione inducendo una reazione simmetricamente pesante. Qui non è più questione di destra o sinistra, ma di evitare un conflitto. Vedremo come riuscirci, per intanto risulti chiara la critica a Visco e motivata la richiesta di sua rimozione.
www.carlopelanda.com




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IL MANIFESTO
20 agosto 2006
VOI SIETE QUI
La privacy del macchinone turbo
Alessandro Robecchi
Oh, me tapino, ingenuo e gattino cieco che non sono altro! E io che credevo che già il fisco avesse tutti i miei dati incrociati, l'Iva e l'Irpef e il diavolo che se lo porta. E che sapesse che macchina ho, e se posseggo (no) uno yacht di trenta metri, oppure se posseggo (no) una casa in montagna, o al mare, o un residence che figura come catapecchia per pastori e invece ha tre piscine, oppure la villa di alcuni ettari che per andare dal salotto al cesso ci vuole il motorino! Nella mia infinita e vanagloriosa supponenza io credevo che tutte queste cose esistessero già e che da qualche parte nel segreto ventre dello Stato qualcuno potesse digitare il mio nome su un computer e dire: «ah, ah! Si è comprato una stampante!». O che magari si sapesse, e suonasse un pochino sospetto, che il mio vicino dichiari un reddito da badante polacca e se la rida salendo sul suo gippone biturbo da centodieci mila euro che consuma come lo shuttle! Io credevo che tutto questo esistesse già, che fosse ovvio e naturale e invece apprendo che no, non esiste, forse esisterà, ma per il momento no, e solo ora Visco promette di farlo. Così ora mi tocca sentire gli allarmi e le contumelie dei liberisti contrari all'anagrafe tributaria individuale. I pianti degli alfieri degli alti redditi minacciati dalla lotta fiscale di classe. Le stridule lamentazioni dei teorici del meno-stato-più-mercato che si appellano alla privacy. Lo stato sa dove vivo? Che macchina ho? Sacrilegio! E la mia privacy? Ma una volta imparata l'arte dei dati incrociati, non si smette più. E dunque basta incrociare questa solenne levata di scudi con altre prese di posizione degli stessi arguti pensatori per accorgersi che qualcosa non torna. Non si occupavano di privacy quando le nostre città diventavano un'immensa telecamera per il «controllo del territorio»? Non si angosciavano per l'arroganza dello stato quando decidevano che un ragazzino poteva finire in galera per due canne? No, anzi. In decine e decine di casi lo stato forte gli piaceva parecchio, a questi teorici della privacy ad alto reddito. Tolleranza zero! Finché non ti sale in barca, la tolleranza, o sul macchinone, o non ti entra nel villone. E allora d'incanto, ecco che non la tollerano più, e si appellano alla privacy. Porca miseria, va bene la tolleranza zero, ma bisogna proprio fatturarla?




[Modificato da INES TABUSSO 22/08/2006 2.13]

INES TABUSSO