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CORRIERE DELLA SERA
7 giugno 2006
L’erede di Caselli e quello di Grasso: sfida a Palermo
LA SPACCATURA
Per il vertice della Procura rimasti in gara Lo Forte e Pignatone, gli ex amici ora divisi

ROMA - Il candidato-cuscinetto s’è sfilato, e lo scontro a questo punto sembra inevitabile. Per la guida della Procura di Palermo restano in lizza i due procuratori aggiunti un tempo «ragazzi prodigio» del palazzo di giustizia che lavoravano d’amore e d’accordo, indicati oggi come capifila di due opposte fazioni. Da un lato Guido Lo Forte, portatore della tradizione «caselliana» dopo la partenza del procuratore arrivato dal nord all’indomani delle stragi del 1992; dall’altro Giuseppe Pignatone, principale interprete della gestione di Piero Grasso, succeduto a Caselli nel 1999 e approdato alla Direzione nazionale antimafia nell’ottobre scorso. Da allora l’ufficio giudiziario più importante d’Italia per il contrasto a Cosa Nostra è senza capo, e per il Consiglio superiore della magistratura è giunto il momento della scelta. Finora il candidato più anziano e accreditato per la nomina - anche se non per esperienza antimafia - era Renato Papa, procuratore aggiunto a Catania, che nella commissione incarichi del Csm aveva ottenuto due voti dai rappresentanti della sua corrente, Unità per la costituzione . Anche Pignatone e Lo Forte sono di Unicost, ma per il primo hanno votato il consigliere di Magistratura indipendente e il «laico» di Forza Italia, mentre per lo Forte quello di Magistratura democratica ; il «laico» diessino Berlinguer s’è astenuto. Fin troppo facile leggere gli schieramenti e catalogarli tra centro, destra e sinistra, con Papa che rappresentava la soluzione «mediana». Ma a sorpresa, lunedì, Papa ha ritirato la propria candidatura: l’esito del voto in commissione allontanava «la formazione di un ampio consenso quale si sarebbe auspicato», ha scritto al Csm, e lui non corre più.
Adesso la pratica torna alla commissione, dove i due componenti di Unicost dovranno scegliere tra Pignatone e Lo Forte. Una terza possibilità è altamente improbabile. Nei corridoi della sede del Csm, dove le trattative sono già cominciate, si dice che i due potrebbero scegliere Lo Forte, ma ufficialmente gli interessati tacciono. In ogni caso i giochi si faranno al plenum che discuterà della nomina entro un mese, dove peseranno anche gli altri quattro rappresentanti della corrente maggioritaria della magistratura.
Fare previsioni sulla conta dei voti adesso è impossibile. Anche perché un peso specifico importante avranno i tre rappresentanti dei «verdi», la quarta corrente, solitamente schierata con la sinistra. Stavolta però la situazione è diversa; uno dei tre è l’ex sostituto procuratore di Palermo Giuseppe Fici, e sempre nei corridoi si sussurra che sarebbe orientato a votare per Pignatone. Il quale gode, com’è naturale, dell’«appoggio esterno» di Piero Grasso che dei «verdi» è uno degli aderenti più noti. Ma altri esponenti del gruppo non sono d’accordo, e c’è addirittura chi vorrebbe far rientrare in gioco il terzo procuratore aggiunto di Palermo, Sergio Lari, che per i «verdi» è stato anche componente del Csm.
La spaccatura risale agli anni Novanta, quando la Procura di Palermo si rinnovò dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio. Né Lo Forte né Pignatone, entrati in magistratura lo stesso giorno di trent’anni fa, erano considerati «vicini» a Giovanni Falcone, ma entrambi cominciarono a lavorare al fianco di Gian Carlo Caselli; dopo qualche tempo Pignatone se ne andò alla Procura presso la Pretura, mentre Lo Forte rimase a sostenere l’accusa contro Giulio Andreotti accusato di mafia e a coordinare le principali indagini sulle cosche. Entrambi finirono in un’inchiesta a Caltanissetta, nella quale sono stati prosciolti. Quando arrivò Grasso Pignatone tornò e col tempo sostituì lo Forte, sempre più emarginato, nel ruolo di primo «vice». Con periodiche polemiche e divisioni tra i sostituti schierati in appoggio o contro la nuova gestione. Che finiranno per pesare anche nella scelta che il Csm si appresta a fare.
Giovanni Bianconi




PIGNATONE
Il «delfino» di Piero Grasso
CON GRASSO
In procura, a Palermo, Giuseppe Pignatone è stato l’interprete principale della gestione di Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia da ottobre scorso che a Palermo approdò nel 1999, dopo Gian Carlo Caselli

LA CARRIERA
Oggi procuratore aggiunto a Palermo, Pignatone è stato a capo della procura presso la pretura. Il suo nome è legato ai rimproveri che Giovanni Falcone annotò sul suo conto in un diario. Ma lui nega di essergli mai stato nemico: «Lo difesi quando fu accusato di tenere le inchieste nei cassetti»


INES TABUSSO