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SETTE
(Corriere della Sera)
11 luglio 2003
Claudio Sabelli Fioretti intervista Francesco Storace

Quello che una volta incontravi nelle peggiori risse politiche dei quartieri popolari di Roma, oggi lo incontri in doppiopetto nella hall di un grande albergo di Fiuggi. Il governatore del Lazio, Francesco Storace, uno dei leader di An, ancora dieci anni or sono era sinonimo di picchiatore fascista. Adesso si è molto istituzionalizzato. Non vuole più litigare con nessuno. Si è fatto prudente. Non arriva all'adulazione ma certo soppesa le parole e gli aggettivi. Per smuoverlo un po', cercando di fare uscire dalla sua compassata figura di rappresentante delle istituzioni il vecchio ruggito dell'intolleranza, comincio da Umberto Bossi che in questi giorni si agita più del solito e mette in difficoltà il governo di cui il partito di Storace fa parte.
Bossi voltagabbana ancora?
«Bossi è un bravo trattativista. La sua è una finzione».
Ha il problema della base.
«Ma no! La sua base la sposta tranquillamente da destra a sinistra. Che diceva la sua base quando andò a fare la costola della sinistra con D'Alema?».
Quindi potrebbe tornare là.
«Oggi gli sarebbe più difficile. D'Alema, è vero, si prenderebbe chiunque. Prenderebbe anche me visto che si è preso Misserville come sottosegretario. È capace di qualsiasi spregiudicatezza. Ma poi perderebbe le elezioni».
Bossi può fare quello che vuole?
«Non c'è mai dibattito all'interno della Lega. L'unico dibattito attorno a Bossi è chi la spara più grossa».
Anche tu eri uno sparone.
«Io le scemate le ho dette quando ho cominciato a fare politica, poi mi sono placato. Questi invece più crescono e più esagerano».
Irresponsabili?
«Ma no. Maroni è ragionevole. Lo stesso Bossi è ragionevole. Ma quando è sul palcoscenico diventa irrefrenabile».
Non ti imbarazza stare nella stessa coalizione con Borghezio?
«Quelli come lui, come il sindaco Gentilini, non sono imbarazzanti. Sono ridicoli. Ma succede anche nel centro-sinistra. Diliberto che vanta il rapporto con Cuba è peggio di Borghezio».
Quando Bossi dice Roma ladrona...
«Roma ladrona lo si poteva dire fino a qualche tempo fa. Oggi questa Regione cresce molto di più di Lombardia, Veneto, Piemonte. La stiamo trasformando da carrozzone in locomotiva».
Sei governatore. Torneresti indietro?
«Quando vedo alcuni improbabili personaggi, Rutelli per esempio, mi chiedo se mai abbia lavorato. Io ho fatto l'autista, il muratore. Non sono innamorato del potere. Quando mi sono candidato a presidente della Regione sapevo che avevo tutto da rimettere, sapevo che l'anno dopo ci sarebbero state le politiche, sapevo che le avremmo vinte e che avrei fatto il ministro».
La tua famiglia era benestante?
«Non sono figlio di papà, la mia famiglia non era agiata, eravamo ad un livello leggermente superiore alla povertà. Sono nato a Cassino, sono ciociaro. A Roma scoprii la politica nella sezione del Msi di Piazza Tuscolo. Avevo 16 anni. I miei genitori erano anticomunisti».
E tu? Saluto romano, camicia nera, risse...
«Io la camicia nera ce l'avevo ma non la mettevo. La consideravo una cosa seria, non da esibire».
Hai creduto alla svolta di Fiuggi?
«Sì. Ma rivendico la mia esperienza giovanile. Rinnegare è sbagliato».
Da giovane eri un picchiatore.
«Mi sono trovato coinvolto in episodi di violenza perché facevo vita politica in uno dei quartieri più popolari di Roma, il Tuscolano. Mi hanno anche sparato. Una volta ne presi di santa ragione per un atto di eroismo. Passava per strada un picchiatore della sinistra e per fare un po' i bulli dicemmo "vieni qua stronzetto". Proprio in quel momento si fermò un autobus pieno di compagni. Me ne diedero tantissime. Un'altra volta me la vidi veramente brutta. Io solo contro 500 di loro che urlavano: "Camerata basco nero, il tuo posto è al cimitero". Feci una scena da pazzo. Tirai fuori di tasca l'astuccio degli occhiali, mi inginocchiati e puntai verso di loro, come avessi in mano una pistola. Scapparono, ma devo ancora accendere un cero a sant'Antonio».
Insomma eri un violento.
«Azioni di difesa. Non ho mai partecipato alle cosiddette "spedizioni punitive"».
Sei ancora fascista?
«Fascista oggi equivale a sostenere le ragioni della dittatura. E io non me la sento. Ma non serve nemmeno dichiararmi antifascista. Preferisco pensare al futuro.».
Spiegami perché una volta hai detto: «Meglio frocio che laziale».
«È una battuta che gira a Roma. E io la dissi durante Scherzi a parte. Io sono un accanito tifoso romanista».
Nessuno è perfetto.
«Quando la trasmissione andò in onda ricevetti 300 e-mail di protesta, successe un casino. Ho chiesto scusa».
Dicesti: «Non vorrei avere offeso i laziali». In realtà avevi offeso i gay.
«Io dissi: "Mi dispiace che i tifosi laziali si siano sentiti offesi". I gay non si sentivano offesi perché era la prima volta che sentivano che qualcuno era peggio di loro».
Siete un po' banali, però, con le vostre battute sugli omosessuali.
«Stai parlando del mio litigio con Paissan? Dissi che mi voleva graffiare con le sue unghie laccate. Fu un successo popolare. Per un anno ogni volta che arrivavo a parlare della Rai e dell'onorevole Paissan c'era qualcuno che alzava la mano e diceva: "Quello con le unghie laccate?"».
Non me ne vanterei.
«Ma sai quante barzellette sui gay si raccontano? Come quelle sui carabinieri, sui preti. Sui gay non si può scherzare? Bisogna prendere atto delle viscere del Paese, su quelle costruire una comunicazione che non significa odiare né il prete, né il carabiniere, né il gay, né Totti».
Su Totti non è razzismo, sui gay sì.
«Io sono in prima fila a contrastare la discriminazione, ho promosso altissimi dirigenti, di alcuni sono anche amico, simpaticissimi, intelligentissimi. Non me ne frega nulla della loro condizione sessuale. L'importante è che lavorino. Ma non può diventare un privilegio. Dove sta scritto che si debbono fare case popolari per i gay? Ritengo devastante minare la concezione stessa della famiglia».
Tornando al calcio.
«Io non ho mai nascosto di essere romanista. Quando ha vinto lo scudetto la Lazio mi chiesero un commento. Dissi: "È una significativa affermazione della seconda squadra della regione". In politica regna l'ipocrisia. Rutelli una volta andò al club giallorosso di Testaccio e si mise la sciarpa della Roma. Ma perché deve fare finta di essere romanista?».
Per cortesia, per rispetto.
«Ma nel calcio non c'è rispetto. Se la Lazio va in serie B, io sono felice per un momento, poi spero che torni subito in serie A. Il derby mi mancherebbe troppo».
Chi sono per te i voltagabbana?
«Quelli che hanno fatto il ribaltone senza sottoporsi al bagno del consenso popolare. Spesso fate i nomi di Adornato e di Guzzanti. Ma loro hanno chiesto agli elettori il permesso di cambiare casacca. Come Bondi, come Ferrara. Voltagabbana è Mastella che ha preso i voti contro la sinistra e li ha usati contro la destra».
Spesso i voltagabbana vanno avanti e indietro.
«Ma la destra è quella che ha più difficoltà a riprendersi i voltagabbana, vedi Bossi. Per ripigliarselo c'è stata parecchia bagarre».
Nella tua maggioranza in Regione ci sono dei voltagabbana.
«In questi anni tre consiglieri dell'opposizione sono passati con me. Ma io non gli ho dato incarichi. Ho detto: "Sono contento che siate passati con noi ma non aspettatevi assessorati"».
Tra i fascisti ci sono stati voltagabbana?
«Accidenti. Pensa a quella che fu la tragedia di Democrazia nazionale. Nel 1976 noi eravamo contro il governo di Andreotti, loro lasciarono il nostro partito e andarono con lui. De Marzio, Nencioni, Roberti. In seguito Misserville, altro esempio di camaleontismo. È passato nell'Udeur di Mastella per diventare sottosegretario nel governo D'Alema».
E l'adulazione?
«La vivo ogni giorno, e con fastidio. Un dirigente della Regione, un adulatore in servizio permanente effettivo, per mesi mi ha inseguito per un colloquio con sorriso a 64 denti. Alla fine ho detto alla segretaria: "Chiama un po' questo stronzo". È arrivato tutto felice nella mia stanza, si è seduto davanti a me e io gli ho detto: "Chi le ha detto di sedersi?". L'ho lasciato in piedi un quarto d'ora. Il leccaculismo è una malattia di questo Paese. Alcuni direttori generali delle Asl li farei fucilare, non per come spendono, ma per come si comportano».
Sei stato anche presidente della commissione di vigilanza Rai.
«Avevo lunghi elenchi di gente che voleva essere raccomandata. Gente che diceva di essere di destra e che Giulietti aveva nelle sue liste come gente di sinistra. Ci fu un notissimo corrispondente dall'America che all'epoca di De Mattè mi chiese un appuntamento. Mi disse: "La debbo ringraziare per la battaglia che sta facendo a De Mattè, sono 40 anni che ho dentro l'anticomunismo e finalmente posso liberarlo. Sa, mio padre ha fatto la marcia su Roma". Gli risposi: "Casca male, mio nonno ha fatto il partigiano". E lo cacciai».
Tu le raccomandazioni le fai?
«Io dicevo sempre a tutti: "Posso favorire un colloquio e basta". Una volta a Iseppi raccomandai un morto. Presi la carta intestata della vigilanza Rai e scrissi: "Caro Iseppi, io credo che tra noi dovremmo trovare una convivenza, se lei vuole veramente dimostrare che io sono rispettato dall'azienda, voglio che venga assunto questo mio amico». Quattro giorni dopo arrivò l'emissario di Iseppi: "Presidente, il direttore ha molto apprezzato la sua proposta, però lei è stato imprudente, ha scritto una lettera che è un ricatto". Allora io dissi: "Vai da Iseppi e digli che il mio amico è morto da due anni". Gli cascò il castello, pensava di avermi in pugno».
Hai fatto assumere gente in Rai?
«Solo persone brave».
Che cosa pensi di quelli che dicono che Berlusconi è un grande statista? Adulatori?
«Guarda che non sono solo Schifani e Bondi a dirlo. Lo dicono tutti. Se io ti dico che Berlusconi è un genio della politica non è adulazione, è constatazione».
E quel parlamentare di Forza Italia che raccoglie le firme per Berlusconi Nobel?
«Non è adulazione. È una cretinata».
Adulazione in Rai?
«Una volta avrei fatto i nomi di Marzullo, di Anna La Rosa. Poi ho imparato a rispettarli».
Quando eri un combattente.
«Ma perché debbo crocifiggerli?».
E Vespa?
«Vespa adulatore? Ma scherziamo? È giornalismo puro».
Tu hai fatto l'ufficio stampa di Fini.
«Far parlare i giornali di Fini era difficilissimo. Ma mi divertivo molto. Come quando ho fatto impazzire Rutelli. Fu un capolavoro. Era la campagna per il ballottaggio Fini-Rutelli, a Roma. Feci sapere a Riccardo Luna, di Repubblica, che avevo raccolto un dossier sulla moglie di Rutelli, Barbara. Non era vero niente, ma sapevo che Rutelli non mi sopportava. Un giorno andammo alla trasmissione di Santoro. Io presi cento fogli bianchi e li misi in una cartellina con scritto: "Dossier Rutelli, cose di oggi". Davanti a Maurizio Sandri, allora capo ufficio stampa di Rutelli, coprii la cartellina ma in modo che il titolo si vedesse. Successe il finimondo. Rutelli urlava a Fini: "E io ho il dossier sui fascisti!". Ogni volta che inquadravano Rutelli che parlava, io pigliavo un foglio bianco e facevo finta di leggerlo. Rutelli impazzì».
Hai mai querelato?
«Mai. Io non smentisco, non querelo. Quando dissi: "C'è più corruzione a Palazzo che antrace in America" l'Unità tirò fuori la storia, falsa, che due miei collaboratori erano stati accusati di corruzione. Avrei potuto diventare ricco. Ma mi limitai a dichiarare: "Non querelo perché ritengo doveroso per un politico farsi dire tutto. Ma chi ha scritto quell'articolo è una merda. Spero che mi quereli". Naturalmente non mi querelarono».
Voi ex fascisti ci tenete alla coerenza. Ma sulla corruzione, su Di Pietro, avete cambiato, voltato gabbana.
«Non rubavamo prima e non rubiamo adesso».
Ma prima tifavate per Mani Pulite, incensavate Di Pietro.
«Di Pietro fa schifo. Ci piaceva quando faceva il magistrato, ma ha usato la magistratura per fare politica».
Chi è che non ti piace a destra?
«Sgarbi, anche se è simpatico. Ma non c'entra niente con noi. A lui l'adulazione piace, si vede. Io la detesto. Io l'adulatore lo prenderei a calci».
Nel tuo partito non vai d'accordo con Teodoro Buontempo.
«È stata una figura importante della destra».
I bei tempi in cui eri impertinente!
«Ma perché dovrei litigare?».
Teodoro si lamenta che voi lo trascurate.
«Non è un emarginato. Si è autocancellato. Ha preso delle posizioni che hanno impedito qualunque aggregazione intorno a lui. Certe volte dà l'impressione di essere ancora del Msi».
E i tuoi eterni duelli con Maurizio Gasparri?
«Se qualcuno fuori dal partito mi tocca Gasparri lo trituro. Però possiamo anche avere delle divergenze. Maurizio è ossessionato dalla necessità di controllare l'apparato. Io no. Perfino nella mia giunta: il 90 per cento delle delibere dei miei assessori neanche le guardo. Una volta dissi a Maurizio: "Se vuoi essere il numero due del partito io non ho problemi. Ma devi accontentarti del numero due. Non puoi fare anche il tre, il quattro e il cinque". Ignazio La Russa è un altro pezzo importante del nostro partito. Con lui è difficile litigare. Però è anche difficile andarci d'accordo. È sfuggente. Non accetta obiezioni. Quando si innamora di una idea è insopportabile, non lo smuovi nemmeno a cannonate e non tollera che ti metti di traverso. E allora sono scintille».
A sinistra chi ti piace?
«D'Alema è un vero capo. Ha difetti enormi. Sarcasmo, altezzosità, arroganza. Però quando litiga con i giornalisti mi fa godere. Poi mi piace Giuliano Amato. Ci avrebbe dato più fastidio di Rutelli alle politiche».
Tu litigavi con i giornalisti?
«Non ho avuto sicuramente un buon rapporto con Perna. Una volta ha scritto che andavo in giro con gli scarponi, che ero ignorante, che mia moglie non aveva voluto figli per sette anni perché li aveva dedicati alla mia educazione, a dirozzarmi, a svezzarmi. Ma che ne sapeva lui dei nostri problemi?».
Hai fatto gli auguri a Lucia Annunziata?
«Certo. Le ho detto: "Ricordi quanti insulti?". E lei: "Non ti ho mai detto cornuto solo per rispetto di tua moglie"».
Gioco della torre. Boso o Borghezio?
«Butto Borghezio. È troppo rozzo».
Floris o Santoro?
«Butto Santoro. Da fazioso è diventato astioso».
Vespa o Costanzo?
«Preferisco andare da Vespa. Da lui non mi aspetto trappole. Si capisce che non vuole fregarti».
Bertinotti o Cossutta?
«Butto Cossutta perché è comunista».
Mi risulta anche Bertinotti.
«Ma va là. Bertinotti è un simpatico socialista che gioca a gigioneggiare con i girotondini».
Furio Colombo o...
«Furio Colombo no. Furio Colombo è incriticabile. Se lo attacchi si arrabbia e dice che sei razzista».
INES TABUSSO