non rieleggibili gli amministratori che chiudono in rosso

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DarkWalker
00venerdì 6 giugno 2008 16:29
«Fallimento» per le regioni in rosso
Renzo Mazzaro
Così Galan riprende l’idea di Sacconi per contrastare i deficit della sanità
Ma la proposta potrebbe penalizzare il Veneto nella spesa energetica

VENEZIA. Il presidente che disse, martedì scorso a Venezia, che «firmare le carte in politica non serve a niente», ha cambiato di colpo idea ieri pomeriggio a Roma. Sostenendo non solo che la firma in politica serve, ma che chi la mette sotto impegni di spesa che poi non onora «va dichiarato fallito». Esattamente come accade a chiunque apre un’attività commerciale e poi viene travolto dai debiti. Questo presidente è il nostro, signori! Salutiamo con piacere la metamorfosi romana di Giancarlo Galan alla Conferenza delle Regioni, registrandone l’ora: 15,59 dell’Agi e 16,35 dell’Ansa.
Magari fosse l’inizio di una responsabilizzazione dei politici: chi apre un buco nella finanza pubblica, ne risponda. Altro che ripresentarsi alle elezioni. Giova ricordare che il presidente Galan, quando parlava della firma che in politica non serve a niente, si riferiva all’accordo da lui preso nel Veneto con i fuoriusciti dall’Udc per portarli in giunta regionale, defenestrando gli uomini di Casini. Operazione diventata troppo complicata dopo le elezioni.
Ieri invece il presidente del Veneto si riferiva ai problemi della spesa sanitaria che in alcune regioni è decisamente e indecorosamente fuori controllo. In particolare Lazio e Abruzzo. Il buco viene ripianato dallo Stato, con i soldi delle tasse, si capisce. Che verrebbero intercettati addirittura falsificando le carte. Esempio: aumentando il numero degli abitanti per incassare maggiori trasferimenti. Oppure scoprendo in extremis un extragettito di bilancio, come è capitato nel Lazio: è piovuto un “tesoretto” e il presidente Marrazzo, collega di Galan, si è salvato dal deficit. «Avrà scavato nel giardino della Regione, lo farò anch’io», ha commentato ferocemente Galan. Purtroppo al Balbi scarseggiano i giardini: si può solo guardare sotto i vasi dei gerani.
Va anche detto che questa sacrosanta idea del «fallimento politico» non è tutta farina del sacco di Galan. Il presidente riprende una proposta lanciata per primo dal ministro del welfare Maurizio Sacconi in una intervista al Corriere della sera il 25 maggio scorso e poi riconfermata in un incontro con lo stesso Galan a palazzo Balbi il giorno dopo. Idea che evidentemente Galan ha trovato di grande fascino. «E’ necessario introdurre sanzioni, oltre che regole, nella gestione della spesa sanitaria - sosteneva Sacconi -. Sanzioni e regole sono elementi necessari per promuovere una diffusa garanzia dei livelli essenziali di assistenza, per rafforzare la responsabilità degli amministratori regionali e garantire effettiva coesione nazionale. In parte le sanzioni ci sono; in parte sono state ipotizzate dall’accordo Vegas con le Regioni e dal recente patto per la Salute. In caso di “fallimento politico” i cittadini delle Regioni interessate non possono subire incrementi della pressione fiscale locale all’infinito. Oltre a una certa soglia non può che esserci una sanzione più drastica: la gestione viene commissariata. Come conseguenza del fallimento politico mi auguro si arrivi presto a giudicare non rieleggibili gli amministratori che hanno sbagliato». Privarli dei diritti per cinque anni, come prevede il codice nei fallimenti civilistici.
Ma attenzione: vale per tutti, anche per il Veneto. E in tutti i settori della spesa pubblica, inclusa l’energia, dove il Veneto non è autosufficente, come invece ha sostenuto mercoledì Galan in Consiglio regionale. Glielo ricorda Franco Frigo: «Il Veneto produce il 59% cento dell’energia che consuma, siamo quindi in deficit per il 41% del nostro fabbisogno. Altro che regione autosufficiente, in grado di rivendicare dal governo condizioni di favore nel costo dell’energia. Invito Galan a non falsificare i dati e ad affrontare con maggior realismo e più serietà il problema dell’approvvigionamento energetico».
-Kaname-chan
00venerdì 6 giugno 2008 21:10
E' la solita balla populistica. Invece che dimissionare per decreto i cattivi amministratori si dia alle amministrazioni la possibilità di gestire le proprie risorse e ai cittadini un reale controllo sugli amministratori, che ci pensiamo noi a cacciare chi è incapace, semplicemente non rivotandolo. E su questo punto in realtà s'è fatto molto dagli anno '90, se si riuscisse ad ottenere un decente federalismo fiscale la maggior parte dell'opera sarebbe fatta. Non capisco quindi a maggior ragione come abbia potuto Sacconi uscirsene con una simile fesseria. Con il federalismo fiscale le regioni potrebbero fallire senza che debba stabilirlo una procedura burocratica di accertamento da parte del governo centrale e una volta fallita una regione, essendoci l'elezione diretta del presidente, si suppone, a meno che non si sia nell'irrecuperabile Sicilia, che detto presidente non sarà mai più eletto
Granduca di Milano
00sabato 7 giugno 2008 08:22
Concordo pienamente. [SM=x751532] [SM=x751532] [SM=x751532]
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