filodiseta

filodiseta
00martedì 25 luglio 2006 09:02
spazi in attesa di raccogliere cose che ho sul sito

[Modificato da filodiseta 18/03/2007 23.59]

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00martedì 25 luglio 2006 09:42
idem


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filodiseta
00domenica 3 settembre 2006 09:11
Una ventata di gioventù
Per alternare la muffa delle rime alla freschezza della beata incoscienza, vi propongo qualche cosa, che un attuale sedicenne scrisse all'età di 14 anni.
Un racconto e una poesia. Mi direte....







POESIA - Il magnifico protagonista di questa storia si chiama, tanto per
cambiare, Michele V. Io, protagonista di questo racconto, uso scrivere racconti
autobiografici, come non lo dimostra quello che state per leggere... E' assolutamente
parto della mia mente malata, anzi, a dire il vero è una copiatura spudorata in chiave
divertente di una novella del Buk. Comunque mi appropinquo a cominciar la narrazione.

Dunque, c'era una volta io. Io era da tutto il giorno sopra un cavolo di foglietto a
tentar di scrivere una benedetta poesia. Va detto che Michele non aveva molte idee al
momento, nonché altri cazzi per la testa. Non che avesse quegli enormi problemi, ciò
nonostante aveva piuttosto la testa tra le nuvole. Comunque era sopra 'sto foglietto da
almeno quattro ore ed il cestino della carta vicino alla scrivania era pieno di bozze
accartocciate o strappate. Ad un tratto la mamma fece impeto dentro la stanza.
"Non si usa più bussare?" disse, particolarmente seccato, Michele.
"Uff... Michele... Sei ancora su quella benedetta poesia?"
"Si... Sono ancora su "'sta benedetta poesia". E' un lavoro duro il mio... Dunque per
favore lasciami solo. Ho bisogno di concentrazione".
"Accendi almeno la luce... E' buio qua dentro..."
"Ci vedo lo st.."
Il poeta inciampò su una scarpa e capitombolò per terra...
"Ecco, appunto" disse con aria soddisfatta la mamma "E, per favore, piantala di star
seduto su quel foglietto, prova almeno a scriverci sopra!"
"Te ne vuoi andare?! Devo meditare!"
Michele stette almeno un'altra mezz'ora su quel foglietto, come se lo covasse, mentre esso
rimaneva candido ed al massimo un po' spiegazzato. Alla fine, date anche le bestemmie che
ci stava tirando dietro il suo stomaco, decise di far raggiugere del cibo alla sua bocca
al più presto. Poi ritornò a scrivere. Cioè a meditare. Si addormentò poco dopo
letteralmente coricato sulla scrivania. Si risvegliò alle 21.15. Per fortuna aveva puntato
la sveglia, doveva andare cinque minuti dopo ad un appuntamento. Neanche un razzo sarebbe
riuscito a prepararsi e farsi 10 km ed arrivare puntuale all'appuntamento. Mentre pensava
questo, intanto, il tempo passava, ma a lui non è che gliene fregasse molto. Lui le faceva
aspettare le donne. Cioè la donna. Non che Michele fosse quel gran marpione. Comunque
arrivò all'appuntamento con un accettabile margine di ritardo. Alla sua donna, Sara,
piacevano le poesie. Per questo il nostro protagonista (io) non ebbe molte difficoltà nel
cuccarla. A dire il vero non aveva ancora ficcato, ma questo era lo stadio immediatamente
superiore. Comunque, torniamo alle poesie. Siccome a Sara piacevano molto 'ste cazzo di
poesie, io la portò ad una lettura di un poeta non molto bravo, ma discretamente
adorato dalla folla, in biblioteca. Presero posto. Michele s'era già fatto tutti i
programmini in testa, tipo dormirsi tutta la lettura e risvegliarsi nel momento in cui Sara
si sarebbe gettata tra le sue braccia. Oppure dormire e farsela lì sul posto o, Cristo,
dormire. Il problema è che si era appena svegliato dal sonno precedente. Il che lo
faceva bestemmiare dentro di se. Doveva semplicemente godersi tutta la benedetta lettura,
insieme a Sara, che di poesia capiva meno di un cazzo. Così dovette passare al piano B.
Visto che il poeta che doveva leggere non arrivava (lo stronzo si faceva aspettare,
dev'essere vizio dei poeti) Michele scese di sotto al bar e si fece un paio di beveroni,
per affrontare con un pizzico in più di allegria lo scoglio psicologico che gli si parava
davanti... Quando tornò dentro fece una gran bella figura di merda, poiché il lettore era
già entrato. Ad ogni poesia quello si sorseggiava della gran birra. Quando finì la seconda
poesia annunciò:
"Signore e signori, in sala c'è anche Michele V."
Non ci fu un grande scroscio di applausi, anzi... ben pochi apprezzarono, gli altri o non
lo conoscevano o, più probabile, lo odiavano. Michele fece cenno con la testa comunque.
L'altro poeta ricominciò a leggere, davanti alla folla (e Sara) compiaciutissima.

"Mezzanotte dei miei sentimenti
ed ancor tu mi chiedi
tutte le energie.
Mezzanotte e fine di tutto,
in preda al mondo
chiudo gli occhi"

"Di che sta parlando in questa poesia?" chiese Sara.
"Del chiavare..." rispose Michele, che di poesie così manco si sognava di scriverle "Parla
di uno che scopa e poi s'addormenta, esausto"

"La brezza mattutina
l'aria malandrina
a scompigliarmi i piccoli capelli,
oh... aria inquinata"

"Ed in questa di che parla?"
"In poche parole dice che le sue ascelle puzzano terribilmente"

"Il cielo e le sue lacrime:
le nuvole e la pioggia.
Maledizione del signore,
ed è ieri che l'ho capito"

"Qua che dice?"
"Nulla di speciale: dice semplicemente che ieri è uscito senza ombrello mentre pioveva ed
ha bestemmiato".
"Sei un prodigio..."
"Si, ma quel poeta no di certo... Che dici ce ne andiamo?"
"No, mi divertono queste poesie"
"E' strano quanto il loro far cagare sia buffo... Fa riflettere la cosa"
"Da cosa capisci che queste non sono buone poesie?"
"Piacciono alla folla..."

"Il signore col papillon,
baston e gemelli e
la principessa sul pisello.
Tempesta, nel mio io"

"Anche questa parla del fare all'amore?"
"Non esattamente, narra del poeta che sta guardando un porno..."
"E gli piace?"
"Cosa?"
"Il porno!"
"Beh... pare di sì..."
"Da cosa l'hai capito che è questo il significato?"
"Baston e gemelli è chiara metafora di cazzo. Nonché del cazzo, perché fa cagare."
"Sei sempre così odioso nei confronti dei tuoi colleghi?"
"Solo con quelli che mi rompono i coglioni o mi fanno fare delle figure di merda...
Allora, t'è scappata o no la voglia di sentire ancora di queste poesie?"

"La magia ed i suoi incantesimi,
la staffa e lo scettro...

"... adesso tira fuori l'aquila o il cervo" disse Michele.

"... l'indomabile aquila,
l'affascinante cervo.
Le grandi labbra,
i grandi cancelli di un mondo.
E nella mia bocca, la chiave"

"Dopo questa metafora di leccare la passera, potremmo anche andarcene..." cominciò a
spazientirsi io
"Okok, mi hai convinto"
Il lettore era talmente intento ad urlare quelle parole a cazzo e sorseggiare birra che
manco si accorse che qualcuno cominciava a sfollare. C'era un merito da dargli, però: con
tutte quelle metafore sulla fava, sulla gnocca ecc... Veniva sicuramente voglia di
scopare... e questo Michele lo sapeva.
Comunque lui e Sara raggiunsero la macchina. Per la prima volta in tutta la serata il
poeta s'accorse di quanto lei fosse carina. Non sarebbe stato male, a corollario di
quella serata, farsela. Mentre io continuava a farsi delle gran seghe mentali sul
percome, sul perdove e sul perdio fu, inaspettatamente, Sara a farsi avanti. Michele ce
l'aveva ancora parecchio moscio, a ripensare a quelle poesie di minchia. Ci pensò Sara a
risolvere il problema.
Alle sette del mattino tutto sembrava avere un aspetto diverso, l'alba, i fiori... La
brezza mattutina, quella fottuta brezza che nei sogni lo tormentò, insieme all'aria
malandrina. Beh, questa mattina tutto era più bello, tutto dava l'idea di essere migliore,
più fresco. Talvolta, Michele, la mattina apprezzava tutto ciò che la natura gli offriva,
magari in seguito ad una notte brava o che so "io". Dico talvolta, perché spesso alle sette
e mezzo s'innaffiava un pochino il fegato con l'alcool. Ma quando tutto era così soave,
quando i riccioli biondi di Sara gli facevano il solletico nel letto, quando il mondo,
ogni tanto, era migliore. Una piccola gioia, tramutatasi in poesia. Quella poesia che
Michele poté finalmente scrivere su quel pezzo di carta.



UN MATTONE (M. V.)

Tutti gli sbatti li ho finiti,
la mamma mi lascia uscire oggi...
E' una bella giornata di sole,
io procedo sciallo sul marciapiede.
Da ieri sono fidanzato,
con una donna bellissima...
Ho pure vinto un po' di soldi
alla schedina...
A volte la vita è quasi bella,
ho pure voti decenti quest'anno.
Procedo sul marciapiede.

"Ok, passamene un altro".
dice il muratore...
"Non ci arrivo...".
"Lancia, vai... tanto lo prendo".
"Arriva...".

Ora sono
almeno ad una trentina di chilometri
sopra il cielo...
Qua è bellissimo...
Peccato che abbia un sacco di sbatti
per potere entrare burocraticamente.
Non c'è sole, al massimo piove,
non ho più la mia bellissima donna,
non ho più i miei soldi.
I miei voti non sono serviti a nulla.
Muratori DI MERDA!













hunkchinasky
00lunedì 4 settembre 2006 21:19
Il Messaggio è stato ritenuto non adatto e quindi censurato dai moderatori.
luigi38
00martedì 5 settembre 2006 15:55
Daniela : non credo ai miei occhi.
Dimmi che non lo hai scritto tu, altrimenti.........ti vengo a cercare, so dove trovarti [SM=g27832] . Dio, che linguaggio eccitante
roba da adolescenti ma di quelli in gamba, altro che quello poesie con le rime delle prime volte.
ciao, ormai voli da sola, non hai più bisogno di consigli. [SM=g27829]
Nichilista errante
00martedì 5 settembre 2006 23:32
e non ti avevo detto che ti avrebbe fatto bene un po' di officina? ave [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27838] [SM=g27838] [SM=g27836]
filodiseta
00martedì 12 settembre 2006 16:54
idem

[Modificato da filodiseta 18/03/2007 23.59]

filodiseta
00martedì 12 settembre 2006 17:15
idem


[Modificato da filodiseta 18/03/2007 23.57]

filodiseta
00martedì 10 ottobre 2006 09:32
idem



[Modificato da filodiseta 18/03/2007 23.58]

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