Zdzislaw Beksinski

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rinata4
00domenica 14 maggio 2006 21:42
Zdzislaw Beksinski nasce in Polonia, a Sanok il 24 febbraio 1929. Suo padre è un ispettore, suo nonno Mathieu un imprenditore edile, fondatore di una fabbrica di vagoni. Sotto l'occupazione tedesca Beksinski continua i suoi studi superiori in una scuola commerciale. Nel 1947, dopo la liberazione, sotto le pressioni del padre, entra a far parte della facoltà di Architettura all'Accademia di Cracovia.
Nel 1951 sposa Sophie Stankiewicz e nel 1952 si laurea in architettura. Comincia a lavorare in un'impresa di costruzione, come soprintendente di un cantiere: un lavoro che odia, pieno di pressioni e noiose scadenze. Ben presto, Beksinski si rende conto che la sua vocazione è l'arte e non l'architettura, professione che non riesce né a trasmettergli nulla, né ad interessarlo.
Verso il 1958, inizia ad occuparsi di arte come fotografo, rivelandosi un artista innovatore, cosa non facile nell'austera Polonia comunista. Dalle sue prime foto, già emergono quei tratti che saranno caratteristici delle sue tele successive. Egli predilige soggetti singolari, come uomini e donne con il volto bendato, visi deturpati o cancellati con l’aiuto delle tecniche di fotomontaggio, paesaggi desolati, bambole mutilate. Si dedica anche alla scultura prediligendo la plastica e il metallo.
Nello stesso anno, si ha la sua prima mostra a Poznan. Inoltre, essendo membro dell'Unione degli Artisti-Fotografi Polacchi, partecipa a numerose mostre di fotografia in Polonia e all'estero. Questo periodo, che proseguirà fino al 1965 verrà definito dallo stesso Beksinski come “periodo barocco”.
Nel 1960 abbandona la fotografia, per dedicarsi interamente al disegno, già entrato a far parte dei suoi interessi fin dall'anno precedente. Questa rottura lo porta ad avvicinarsi a quell'arte astratta ed onirica che sarebbe diventata il suo marchio di fabbrica.
Le sue illustrazioni, particolarmente dettagliate, sono spesso piuttosto grandi e a molti possono ricordare gli impianti di Ernst Fuchs, nella loro rappresentazione complicata ed ossessiva; sono molto intense sia per quanto riguarda i sentimenti che suscitano sia per le tematiche; misteriose, proiettano immagini che rievocano incubi surrealistici, che ricordano molto Alfred Kubin.
Nel 1971 comincia quello che lui stesso definirà “periodo Gotico”, nel quale si dedica alla pittura ad olio su masonite. Le pitture di Beksinski sono monumentali ed enigmatiche, caratterizzate da una bellezza "estetica" così potente e disperata da ricordare per certi versi l'artista svizzero H.R. Giger e da una gestione di ombre e luci che rimanda inevitabilmente alla lezione di William Turner. Meravigliosamente oscure, si pongono di fronte allo spettatore in tutta la loro incredibile e spaventosa bellezza, senza interpretazioni o spiegazioni che possano illuminare la loro oscurità, perché come disse un tempo Magritte "Lo scopo dell'arte è il mistero".
Viene da chiedersi la ragione di tanta angoscia visionaria e di tanto astrattismo ed è inevitabile non citare un episodio che segna la vita e conseguentemente le opere di Beksinski. Un giorno, mentre si stava recando all’università a bordo della sua auto, l'artista viene travolto da un treno in piena corsa. Stette in coma per molto tempo e, una volta svegliatosi, cominciò a narrare del suo viaggio all’inferno. Egli testimonia di aver più volte avuto l’impressione, durante il coma, di trovarsi in una landa deserta, il cui unico rumore percepibile era quello dei suoi passi e di essere inseguito perennemente da predatori mostruosi. L’episodio sarà la ragione principale dei sogni e delle visioni che il pittore imprimerà sulle tele per i prossimi trent’anni avvenire.
Nel 1972 i Bogucki organizzano in onore di Beksinki una mostra alla Galleria d’Arte Contemporanea di Varsavia.
L’artista non compare mai in pubblico e non fa sfoggio delle sue pitture. Non partecipa mai a mostre o a musei che espongono le sue opere. Lavora ai suoi dipinti dodici ore al giorno, con in sottofondo brani di musica classica. Le pennellate vengono eseguite con pennelli rigidi e i dipinti sono privi di titoli e firmati sul retro.
Nel 1975 una giuria di critici d'arte nazionali, lo definisce il miglior artista dei primi trent'anni della Repubblica Popolare Polacca.
Trasferitosi a Varsavia, nel 1977, spera di mescolarsi alle folle anonime di una grande metropoli. Malgrado la curiosità destata, rifiuta di partecipare a tutte le manifestazioni, né accetta premi e medaglie. Riceve soltanto uno o due giornalisti all'anno, e assegna loro un'intervista che non sfiora gli eventi correnti. Nel frattempo, la sua arte comincia a diffondersi e a guadagnare consensi grazie a una serie di mostre in Polonia ed Europa: mostre alle quali egli raramente è presente. L'arte di Beksinski entra nei musei nazionali di Varsavia, Sanok, Crakow, Poznan e nel museo d'arte di Goteborgs in Svezia.
Negli anni '90 comincia a lavorare con l'ausilio del computer. Il risultato sono immagini, forse meno cariche di emozioni e più astratte; sono diversi i colori e le strutture e l’artista sembra essersi allontanato dagli inizi, quando aveva appena iniziato ad esplorare il regno onirico. Si tratta sempre di un’arte che segue la linea guida del realismo fantastico, tuttavia, la freddezza della tecnologia pare farsi sentire e le immagini non riescono a raggiungere le vette artistiche dei dipinti precedenti.
Gli ultimi anni della sua vita gli riservano purtroppo solo moltissime amarezze: muore l’amata moglie, nel 1998, e l’anno dopo, suo figlio si toglie la vita. Caduto in depressione, si chiude in casa rifiutando ogni contatto con l’esterno, mentre le sue opere sono sempre più apprezzate in tutto il mondo. In Giappone conquista il primato di essere l'unico artista contemporaneo polacco presente nelle prestigiose collezioni dell'Osaka Art Museum. La sua vita termina il 22 febbraio 2005, accoltellato dal figlio del maggiordomo.
Zdzislaw Beksinski ha saputo indagare magnificamente ciò che sta al confine tra la vita e la morte, tra la veglia e l’onirico (in particolare l’incubo); carismatico e dotato di una profonda anima, egli non ha mai lasciato la sua amata Polonia, non ha mai parlato nessuna lingua straniera e non ha mai abbracciato un’ideologia. Più volte, infatti, egli stesso ha dichiarato che la sua arte non era stata pensata per cambiare il mondo, ma il suo intento era fotografare sogni. Un’arte onirica fatta, però, solo di incubi, ma così pieni di grazia che lo sguardo dello spettatore non può fare a meno di restare lì, immobile, nell’estremo tentativo di penetrare il segreto, di questo grandissimo “visionario”.

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00domenica 14 maggio 2006 21:43
Zdzislaw Beksinski 1972
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