Riflessioni sull'arte poetica

Cometa del Sud
00sabato 23 febbraio 2013 12:39
L’arte della poesia è, come tutte le arti, una disciplina soggetta a regole precise, e il verso libero è l’espressione ultima, e forse più sublime, di un lento lavoro di studio e assimilazione, coerenza e rigore, intuizione e genialità espressiva. Non si può pensare, come invece spesso avviene, che basta esprimere il proprio sentire e disporlo in colonna per arrogarsi il diritto di essere considerati "poeti"; come non si può pensare che per acquisire tale diritto basta solo sapere ingabbiare le parole dentro schemi metrici predeterminati; i primi saranno considerati prosaiuoli, i secondi verseggiatori, ma nessuna delle due categorie ha a che fare col “Poeta”, anzi, esse sono la causa prima della declassificazione dell’arte poetica. Nel linguaggio della prosa oggi si trovano parecchi elementi caratteristici della poesia e viceversa, quindi è difficile stabilire con esattezza il confine tra i due linguaggi, tuttavia, più che nella prosa, nella poesia è fondamentale il “modo” in cui il messaggio è costruito, poiché la forma delle parole, il loro suono, la loro combinazione, il ritmo che creano hanno significati propri. Questo vuol dire che l’elemento linguistico detto significante o suono ha una sua particolare autonomia dal contenuto che esprime, detto significato o senso. Dunque sono due gli elementi fondamentali in cui si deve suddividere l’analisi del testo poetico: suono e senso, in cui il primo racchiude tutti gli elementi del contenente o forma e il secondo del contenuto. In sostanza, mentre la poesia tradizionale oltre che al contenuto dà larga importanza al contenente, ossia alle figure del suono: la paronomasia, la consonanza, l’assonanza, l’allitterazione e l’onomatopea, il verso libero predilige principalmente, e a volte esclusivamente, le figure del senso: la similitudine, la metafora, l’allegoria, l’iperbole ecc.. Quindi, mentre il suono è più rappresentato nella poesia classica che si racchiude in schemi metrici ben precisi come il famoso sonetto, il cui inventore sembra essere stato il siciliano notaro Jacopo da Lentini, alla corte palermitana di Federico II di Svevia, la poesia moderna, lontana dagli schemi metrici tradizionali (il verso libero, per intenderci) si nutre principalmente delle figure del senso, soprattutto della metafora che, oltre a sostituire una parola con un'altra che abbia con la prima un rapporto di somiglianza, aggiunge ai significati di base delle parole nuovi significati, sfruttando le infinite potenzialità della lingua; quindi, anche il verso libero ha le sue precise regole, senza le quali si scivola nella prosa. Ma questa differenza tra il verso libero e la poesia dentro schemi tradizionali, secondo il mio punto di vista, non vuole assolutamente dire, come molti intellettuali d’oggi invece sostengono, che la poesia tradizionale ormai è da riporre in soffitta tra le anticaglie, poiché essa vive e ferve ancora e continua ad essere apprezzata ed amata dai più, poiché la poesia, quando è poesia vera, sa parlare al cuore della gente e assurge alla sua dignità di ruolo a prescindere dalla forma artistica adoperata dal poeta. Quindi, se di vera poesia si tratta, nessuno nega il grande valore artistico della poesia moderna, nel contempo, se di vera poesia si tratta, nessuno neghi il grande valore artistico delle forme tradizionali: entrambe sono degne di uguale considerazione e rispetto.
[SM=g9406]
EEFF
00lunedì 25 febbraio 2013 10:57
Riflessioni che mi sento di condividere
dopo essermi soffermata ad ammirare la chiarezza e l'eleganza di esposizione di un tema così complesso.
Bravo.
Elena
keryan @
00mercoledì 27 febbraio 2013 14:06
Quindi, se di vera poesia si tratta, nessuno nega il grande valore artistico della poesia moderna, nel contempo, se di vera poesia si tratta, nessuno neghi il grande valore artistico delle forme tradizionali: entrambe sono degne di uguale considerazione e rispetto.


Impossibile confutare simile asserzione [SM=g11198]
f.almerighi
00martedì 25 giugno 2013 13:40
proprio ieri ho visto un film molto divertente, quello dove Alberto Sordi fa la parte del vigile che, per impressionare una bella Sylva Koscina, si mette a recitarle il bove di Giosuè Carducci coprendosi di ridicolo, questa cosa apparentemente insignificante rafforza il mio pensiero sulla poesia che, qualsiasi essa sia va trattata con rispetto, a coprirla di ridicolo sono certe bocche su cui fiorisce
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