Bosh si fermo' ai limiti della pianura che stava percorrendo. Alla sua
sinistra si stagliavano le figure lucenti degli alberi del Groviglio.
Da qualche parte, in mezzo a quella foresta di metallo si trovava la
dimora di Glissa. Per un momento ella penso' a suo padre, sua madre, sua
sorella e... Kain. Chissa' cosa aveva pensato quando gli aveva detto di
voler sfuggire alla cerimonia di cancellazione. Lui era un precelto di Tel
Jiad e rispettava i Troll e il loro antico sapere. Ma Glissa aveva sempre
sospettato che quelle creature le stavano nascondendo qualcosa, e alla
fine aveva avuto ragione. Quando aveva recuperatoparte dei suoi poteri
magici ne aveva avuto la certezza. Ma ella non era partita
volontariamente, era stata rapita da creature che non era riuscita a
scorgere. Quando era riuscita a liberarsi non si era preoccupata di
indagare sull'identita' dei suoi rapitori.
Guardando piu' a destra invece scorse un lago di cromo liquido. al centro
di questo sorgeva una citta' costruita su delle sorta di palafitte
metalliche, che si curvavano in modo elegante, con inclinazioni e angoli
degni di pefetti studi matematici. Cupole scintillanti e colonne flessuose
ornavano la citta' come gioielli preziosi.
"Una delle citta' dei Neurok" annuncio' Glissa al golem metallico
"difendono la loro conoscenza ad ogni costo" aggiunse.
Bosh in silenzio osservo' la citta'. La sua mente stava gia' elaborando
una probabile pianta.
"Non conosco questi Neurok, la loro civilta' si e' sviluppata dopo il
mio... spegnimento"
"E' un popolo dalla pelle rosata, ma anche il loro corpo e' in parte
sintetico. Sono abili costruttori di artefatti, fisicamente assomigliano
molto ai Vulshok, ma le loro analogie si fermano qui. I Vulshok sono
dediti alla guerra e alla costruzione di armi da corpo a corpo. I
Veldaken invece sono degli studiosi, i loro artefatti sono di una
complessita' estrema, sono riusciti perfino a realizzare degli automi che
si muovono da soli. Come aspetto sono simili a noi elfi, a parte il fatto
che non hanno le orecchie a punta." lo informo' Glissa.
"Umani"
La parola che aveva pronunciato Bosh fece rabbrividire Glissa.
Aveva la sensazione che degli "umani" non c'era molto da fidarsi.
"La loro architettura e' simile a quella che Karn ha usato per costruire
la sua dimora su Mirrodin, riesco a riconoscere alcuni elementi di
geometria extraplanare, sebbene siano molto poco affinati. Del resto e'
qualcosa di comprensibile solo ai viaggiatori extraplanari. Credo che loro
possano conoscere qualcosa riguardo a Menmarch, o a Karn stesso."
Glissa diede un'ultima occhiata al Groviglio. Il solo scorgere da lontano
la casa di un'elfo le permetteva di resistere per molto tempo nelle zone
piu' selvagge.
Scese dalla spalla di Bosh con un'elegante salto, compiendo una capriola a
mezz'aria.
"Adesso posso proseguire con le mie gambe" disse.
La citta' dei Neurok era collegata alla terraferma tramite un sottile
ponte sospeso su piloni posti a distanza regolare. Era abbastanza largo da
permettere il passaggio di diversi carri affiancati. Sebbene la mole di
Bosh fosse imponente, il ponte riusci' ugualmente a sostenerlo.
Percorso il ponte sospeso sul lago di Mercurio, arrivarono alfine
all'entrata della citta'. Essa era formata da diversi archi intrecciati
che formavano angoli impossibili e forme a tratti inconcepibili. bosh non
pote' fare a meno di ammirare gli elementi di geometra extraplanare usati
per costruire quell'imponente portale. Tuttavia la costante di generzione
frattale era abbastanza prevedibile e Bosh seppe subito individuare la
porzione di superficie che si ripeteva in maniera costante.
Varco' l'ingresso, si sarebbe potuto dire quasi con soddisfazione se non
fosse stato una macchina, era certo che li' vi erano delle informazioni
importanti per ricostruire la storia di Mirrodin.
La citta' dei Neurok era tanto bella quanto complessa. Le strade erano
larghe e spaziose, ai lati di queste sorgevano costruzioni dalle forme
complesse e ipnotiche, palazzi i cui muri si curvavano pericolosamente,
formando archi, ampie balconate, complesse strutture a piu' piani che
venivano unite da piani inclinati, ponti sospesi, eleganti scalinate a
chiocciola. Ordine e Caos nella stessa struttura. Tutto era costruito
secondo una rigorosa geometria, ma con ispirazione fantasiosa nelle
forme. I passanti furono stupiti piu' da Glissa che da Bosh. Numerosi
Golem dei piu' disparati materiali si aggiravano per le strade della
citta', tuttavia nessuno raggiungeva le enormi dimensioni di Bosh. Invece
si sarebbe detto che mai nessuno aveva visto un elfo a giudicare le
occhiate incuriosite che alcuni passanti lanciavano a Glissa.
Oltre ai Neurok e ai golem, altri esseri artificiali piu' piccoli, i
Myr, si aggiravano per le strade, adempiento ai compiti di manutenzione.
Percorrendo la via principale Bosh e Glissa raggiunsero infine la piazza
principale. Al centro dell'immenso spiazzo si ergeva una mastodontica
fontana. Il cromo liquido scorreva scivolando sulle rampe, i salti, le
piccole cascate e i giri arditi della fontana, a tratti sfidando la stessa
forza di gravita'. Nella parte inferiore galleggiavano alcune piante
metalliche, simili a quelle del groviglio, e alcune piccole ranelle
saltavano su di esse.
Glissa rimase quasi ipnotizzata dalla magnificenza della fontana, e quasi
non si accorse del drone che le aveva toccato il braccio per richiamare la
sua attenzione. Quando si volto' verso di lui si accorse che non era solo,
ma molte altre creature simili, alcune volanti, altre armate di alabarda,
li circondavano.
Si volto' verso Bosh, ma il suo gesto fu inutile. La faccia del colosso di
metallo era fredda e inespressiva come al solito.
"Vogliate avere la cortesia di seguirmi" ronzo' il drone "il governatore
vuole vedervi".
Glissa ritenne saggio non contraddirlo se Bosh non lo faceva. Se solo
avesse voluto il possente golem avrebbe potuto spazzarli via con un solo
colpo della sua mano.
"Facci strada" gli disse Glissa.
Li condussero dall'altra parte della piazza dove si stagliava un'enorme
edificio. Alcuni archi si protendevano dalla facciata e terminavano su un
piazzale sopraelevato antecedente l'edificio, come artigli che si
protendevano da una mano. Glissa non pote' fare a meno di provare un senso
di smarrimento di fronte alle proporzioni enormi della citta' dei
Veldaken. Sembrava quasi che tutte quelle costruzioni fossero state
pensate a misura delle loro macchine, e non degli uomini che vi abitavano.
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"Queste pistole non potevano mai incepparsi. Ne' sarebbero state mai scariche. Nessun loro colpo avrebbe mancato il bersaglio. Nessuna loro ferita sarebbe stata meno che mortale."
[Modificato da K4oS 02/02/2004 18.21]
[Modificato da K4oS 18/02/2004 23.35]