Le illusioni elettorali.

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cane...sciolto
00martedì 25 aprile 2006 22:30
Le illusioni elettorali sbriciolate dall'economia e dalla politica mondiali.

Il parlamentarismo è in crisi storica da quando la borghesia ha ultimato la sua ascesa rivoluzionaria, è divenuta classe dominante e si è trasformata in borghesia imperialista. Il novecento è l'era della democrazia imperialista, dove colossali concentrazioni dell'industria e della finanza si battono allo stremo per la spatrizione dei mercati mondiali, e piegano a questo scopo gli Stati, i partiti e le ideologie, sino a quando non sono gli eserciti a decidere i limiti dell'influenza reciproca. Nell'era della democrazia imperialista i parlamenti sono vuota scacchiera, oscuro mercato della spesa clientelare per un parassitismo crescente, oppure mera propaganda dell'ideologia che le masse devono accettare passivamente nel voto. Le decisioni che contano sono prese altrove, nei gabinetti degli esecutivi, tra i capi delle Commissioni, nei consigli delle Banche centrali, tra i tecnocrati e i grandi commis delle Amministrazioni. E' li che si spende l'influenza dei grandi gruppi borghesi, posto che sempre è la contesa mondiale a dettare legge. La democrazia televisiva esalta, se possibile, i tratti deteriori di un parlamentarismo in crisi irrimediabile: tutto vi è chiacchiera, apparenza, buffoneria, messa in scena e superficiale manipolazione, senza distinzione di schieramenti. Il nostro astensionismo strategico è l'opposto della passività elettorale. E' riflessione e lotta cosciente: la Cina, l'India, la reazione dell'imperialismo europeo ci dicono che ogni illusione spacciata nel voto sarà sbriciolata dall'economia e dalla politica mondiali.

Il nostro giornale, nell'editoriale dell'ottobre 2005, richiama l'articolo di Cervetto dell'aprile 1994 "Salari sul welfare e potenze asiatiche". Tre grandi tendenze, individuate allora, si sono pienamente dispiegate nel corso del decennio successivo: "ritmo accelerato in Asia, sconvolgimento della bilancia di potenza globale, precipitato sociale e politico in Europa e in America". Vogliamo richiamare l'attenzione sul "precipitato sociale", perchè inerisce al tema dei mutamenti del mercato del lavoro mondiale spinti dall'emergere della Cina a nuova potenza imperialistica e dalla rincorsa dell'India.

Cina imperialista e proletariato europeo.
Non si può comprendere la dinamica politica che muove i partiti e le correnti di tutte le frazioni dell'imperialismo, in particolare dell'imperialismo europeo, nel campo della questione sociale e sindacale, se non si vede sullo sfondo la forza di questa tendenza e il suo operare. La questione sociale rimarebbe un corpo senza scheletro se non trovasse il naturale legame con la dinamica del mercato mondiale. Non a caso per il marxismo il proletariato, la classe rivoluzionaria della nostra epoca, è una classe internazionale i cui interessi superano i confini ristretti dello Stato borghese. Oggi tutto ciò è riscontrabile empiricamente: non c'è momento della vita dei lavoratori dipendenti che non sia legato alla dinamica del mercato mondiale, al suo sviluppo, alle sue crisi, alle sue convulsioni. Nell'epoca dell'imperialismo tutta questa dinamica è sintetizzabile nel nome delle potenze emergenti destinate a rompere l'ordine mondiale precedentemente consolidato. In questo secolo questo ruolo tocca a Cina e India, i grandi Stati continentali dell'Asia emergente. Torniamo all'articolo dell'aprile 1994:"In dieci anni l'Asia dinventerà un quinto dell'economia mondiale dall'attuale quarto. Uno spostamento di tale portata nella bilancia globale economica, industriale e finanziaria provocherà un profondo mutamento della bilancia politica. E' a questa tendenza, agente in profondità su tutto il mondo, che va collegato il problema dei salari e del welfare. E' in gioco un un mutamento dei rapporti di forza tra le potenze e, senz'altro, quelle asiatiche utilizzeranno tutte le possibilità a loro favore". Nel decennio che è seguito, la previsione che welfare e salari diventassero carte della partita tra le potenze vecchie e nuove si è realizzata. La Cina ha messo sul tavolo i suoi sterminati giacimenti di plusvalore, l'India segue. La borghesia imperialista delle vecchie potenze deve trovare contromisure. I lavoratori dipendenti ne sono investiti in maniera diversa secondo la loro collocazione nei settori produttivi, nei settori produttivi legati all'export o nei servizi. Questi processi, le ideologie, le pratiche politiche che esprimono investono i giovani che nelle scuole superiori e nelle università stanno formando la loro forza-lavoro. Abbiamo scritto che in Cina stanno preparandosi le condizioni per le lotte tredeunioniste del giovane proletariato; il ritmo di tale processo è determinato dall'enorme serbatoio di braccia della campagna cinese. Nel Vecchio Continente, in USA e in Giappone da tempo si muovono misure e contromisure per ristrutturare il mercato della forza-lavoro per i nuovi compiti imposti dalla lotta interimperialistica.

Il ciclo europeo della flessibilità.
Da tempo vediamo come "la tendenza dei grandi gruppi europei a introdurre dosi di flessibilità nel mercato del lavoro europeo" caratterizzi la questione sindacale nelle metropoli. Ideologie e pratiche politiche e sindacali necessariamente hanno riflesso e devono riflettere questa tendenza. Ogni illusione parlamentaristica si infrange su questa barriera d'acciaio delle tendenze oggettive. Non c'è alternativa alla lotta internazionalista all'imperialismo, alla lotta per la formazione del partito-strategia che guarda alla "rottura dell'ordine" e lavora per prepararsi a questa scadenza. Nei processi contraddittori che si presentano nella vita del proletariato con il carattere del particolarismo noi interveniamo per difendere i suoi interessi immediati; siamo coscienti che ciò sarebbe vacuo se non fosse strettamente collegato alla diffusione del compito pratico rivoluzionario della fase storica in cui viviamo: lo sviluppo del partito strategia, la diffusione dell'internazionalismo.

Ideologie e pratica sociale.
Giovani operai, tecnici, giovani lavoratori in formazione nelle scuole e nelle università fanno parte di una classe internazionale, vivono contraddizioni internazionali. Il problema è come comprendere questa realtà pratica nascosta dall'ideologia della quotidianità, dalle soluzioni apparenti, dalla falsa coscienza. Parigi e Roma sono bombardate dalle consuete dosi di ideologia tipiche delle stagioni elettorali per il rinnovo degli esecutivi nelle capitali dell'imperialismo. Sono stagioni dove prosperano le soluzioni apparenti per ogni contraddizione. In tutte le metropoli l'ideologia dell'imperialismo fa fatica a liberarsi del fardello dall' "incertezza". Un fardello che pesa soprattutto sulle nuove generazioni. In particolare l'ideologia dell'incertezza è impugnata dalle correnti "progressiste" dei partiti perlamentari di fronte ad alcuni "azzardi" dei partiti "conservatori", per usare i termini generici della zoologia politica dell'imperialismo. Il caso italiano è stato emblematico. Eravamo nel 2001 e a Roma la lotta politica assomigliava per molti aspetti, ma non per tutti, alla Parigi di questi giorni. Era novembre quando "Il Sole-24 Ore", giornale della Confindustria, salutava con entusiasmo la misura, preannunciata dal governo guidato da Silvio Berlusconi, di modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Finiva l'obbligo di reintegro al lavoro dei licenziati; in tutta una serie di casi potevano solo essere risarciti. Noi scrivevamo che la CGIL di Sergio Cofferati, con l'appoggio dei partiti di opposizione, rifiutava misure di flessibilità tese a portare il sindacato alla resa senza condizioni. Il duro scontro costrinse il governo a ritirare la misura e gettò il gruppo dirigente della Confindustria in crisi. Ma la partita non era ancora chiusa. L'uso parlamentaristico del sindacato preparava una sorpresa; l'euforia della "vittoria" spingeva spezzoni della gausce e la FIOM a chiedere il referendum per l'astensione delle garanzie sancite dall'articolo 18 anche alle imprese con meno di 15 addetti. Ciò che mai si era tentato per via sindacale, ciò che dava da sempre la misura della debolezza del sindacato confederale, si era trasformato in un illusorio obiettivo referendario. L'inevitabile disastro mise fine alla stagione dell'articolo 18; le misure sulla flessibilità vennero realizzate con la diversificazione delle riforme contrattuali introdotte dal parlamento.

Lo scontro in Francia.
Il 19 gennaio 2006 il primo ministro francese Dominique De Villepin segue le orme del governo Berlusconi del novembre 2001. Introduce il CPE (Contrat Premiere Embauche) per i giovani neoassunti con meno di 26 anni. Il CPE, esteso a tutte le imprese, permette la libertà di licenziamento per due anni. Il Medef è scettico sulla misura. L'opposizione degli studenti si manifesta sulle piazze; per "Le Monde" sono una " nuova generazione" che fa il suo ingresso in politica nel segno dell'opposizione alla "precarietà" all' "insicurezza". Il ministro della Coesione sociale Jean-Louis Borloo commenta, rivolgendosi all'opposizione: "Rassicuratevi. Voi avrete sempre i vostri adorati contratti a tempo determinato! Vi saranno sempre i vostri adorati interinali! Vi saranno sempre i vostri adorati stage! Ma vi sarà in più il CPE!". Il rumoroso soffio della Cina ha spinto i partiti parlamentari a scegliere le opzioni degli "adorati contratti": De Villepin introduce una nuova variabile.

Ideologie all'incanto.
Vedremo l'evolversi degli avvenimenti francesi. Per ora possiamo registrare il movimento delle ideologie che vogliono interpretare le ragioni dell'occupazione delle università. "Le Monde", nell'editoriale "Gioventù in collera", scrive che il potere si urta con una gioventù che si sente "precarizzata, respinta dal lavoro, sconfitta". Contro la precarizzazione occorrono misure per una politica che favorisca "la ricerca, l'innovazione, la libertà". Daniel Cohn-Bendit, capogruppo dei Verdi al parlamento europeo, già leader dell'occupazione della Sorbona nel maggio 1968 valuta l'odierno movimento anti CPE. Non auspica una società futura come nel 1968, vede un movimento di difesa, basato sulla paura del cambiamento, sulla paura dell'incertezza. In questi anni abbiamo visto che l'ideologia dell'imperialismo europeo è altalenante: passa dai giorni fausti dell'imperialismo benigno ai giorni infausti della precarietà. Per questo il marxismo aiuta ad operare nel contingente senza rimanerne schiavi. Lega lotta e l'impegno politico alla consapevolezza della militanza rivoluzionaria.

Roberto Casella, da "Lotta Comunista" marzo 2006
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