Conosciuta oggi come Dea della Conoscenza e delle arti creative, ridotta e strumentalizzata a simbolo della difesa della cultura indiana nel periodo coloniale, Saraswati un tempo fu La Dea Fiume, fra le prime forme, se non la prima, di Dea Madre che la cultura Vedica conobbe.
L'iconografia classica la vede suonare la Vina (una sorta di grande sitar), il mala (rosario) di cristalli, un vaso di acqua e un libro. siede il fiore di loto. Il suo veicolo è un cigno bianco che beve solo latte, anche quando esso è mescolato all'acqua.
Nel RigVeda, composto fra il 1300 e il 1000 a.C., il primo e più antico delle quattro composizioni di inni, ci si rivolge a Lei come la “dispensatrice di ogni bene” , la Grande Madre Fiume Saraswati. Un fiume immenso, ampio, generoso, un fiume “speciale” poichè sgorgava nientemeno che dal monte Kailash (il monte che tocca il cielo) ma che già al tempo in cui fu composto il Mahabharata sappiamo essersi disseccato in un deserto.
Un fiume che ha visto il nascere della cultura vedica, che l'ha nutrita e dissetata, che ha lavato, purificato, guarito.
Ed è facile immaginare come Saraswati, Dea dell'Acqua, diventa Dea della fertilità della terra e delle donne, dei parti e della gravidanza, la dea della guarigione, della purezza assoluta fisica e spirituale.
Meno immediato, ma facilmente intuibile è il passaggio a Dea ispiratrice di pensiero, della parola, delle arti creative, della musica. E' la parola sacra che ti trasporta dall'ignoranza alla consapevolezza, L'ispirazione divina che fluisce nelle nostre menti, musici e poeti si rivolgono a Lei.
Nella radice del suo nome (colei che scorre) sono racchiusi molteplici significati che rimandando al suono come origine dell'universo, alla vibrazione creatrice, al mantra, il ritmo, pertanto nuovamente alla vita, alla creazione.
Ma una creazione pura, sublime, trascendente la sessualità e l'erotismo che caratterizzano altre divinità Indiane. Se non si considera il matrimonio con “Brahma”, nella tarda tradizione, nella mitologia originaria non assistiamo a
liaisons con altre divinità o esseri umani, non genera figli, non fa sesso. Il loto su cui siede, il cigno bianco suo veicolo che beve solo latte, il suo Sari immacolato, il vaso d'acqua che reca in mano, tutto parla di purezza in Lei.
Concludo con due immagini: di Lei si dice che è “chiara come una luna bianca color gelsomino”, ed indossa una “ghirlanda di fiori di un bianco purissimo, come gocce di rugiada gelate”.