I POLITICI ITALIANI SONO UNA CASTA: ARRIVA IL NUOVO LIBRO DI GIAN ANTONIO STELLA

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INES TABUSSO
00sabato 5 maggio 2007 23:46

L'OPINIONE
5 maggio 2006
“I politici italiani sono una casta”
Parla Gianantonio Stella
“Nessun qualunquismo e nessun moralismo da parte mia e di Rizzo nel voler scrivere il libro sugli sprechi”
di Dimitri Buffa

La prima cosa che il giornalista del “Corriere della Sera” Gianantonio Stella tiene a precisare a proposito del libro scritto a quattro mani con Sergio Rizzo e intitolato non per caso “La casta” (editore Rizzoli), in libreria da pochi giorni, è che “l’intento con cui abbiamo lavorato non è stato né moralistico né qualunquistico”.

Il problema è quello del contribuente che paga per mantenere con le tasse sempre più elevate un apparato burocratico elefantiaco con troppi enti locali “(le province sarebbe meglio abolirle come già diceva il liberale Einaudi”) che si sovrappongono e con troppi stipendi parassitari. “Non è possibile – dice Stella- che un presidente di consiglio circoscrizionale guadagni 5 mila euro al mese o che una Asl abbia più centralinisti di Buckingam palace, e se la politica non si fa carico di correggere queste cose, allora deve per forza subentrare la denuncia giornalistica e l’inchiesta”.

D’altronde basta leggere su internet come la stessa Rizzoli promuove questo libro per capire di cosa stiamo parlando: “Aerei di Stato che volano 37 ore al giorno, pronti al decollo per portare Sua Eccellenza anche a una festa a Parigi. Palazzi parlamentari presi in affitto a peso d’oro da scuderie di cavalli. Finanziamenti pubblici quadruplicati rispetto a quando furono aboliti dal referendum. “Rimborsi” elettorali 180 volte più alti delle spese sostenute. Organici di presidenza nelle regioni più “virtuose” moltiplicati per tredici volte in venti anni. Spese di rappresentanza dei governatori fino a dodici volte più alte di quelle del presidente della Repubblica tedesco. Province che continuano ad aumentare nonostante da decenni siano considerate inutili. Indennità impazzite al punto che il sindaco di un paese aostano di 91 abitanti può guadagnare quanto il collega di una città di 249mila. Candidati “trombati” consolati con 5 buste paga. Presidenti di circoscrizione con l’autoblu. La denuncia di come una certa politica, o meglio la sua caricatura obesa e ingorda, sia diventata una oligarchia insaziabile e abbia allagato l’intera società italiana…”

Insomma Stella siamo vicini al punto di non ritorno con questi sprechi?

“Io temo di sì e quando sento che alcuni uomini politici si lamentano del presunto qualunquismo di questa inchiesta mi rendo conto di quanto una gran parte di quella che io chiamo già nel titolo del libro “casta” viva fuori dalla realtà. Qui non si tratta di contestare i costi della politica in quanto tali o il finanziamento pubblico al quale io e Rizzo non ci dichiariamo contrari. In ballo invece c’è il contenimento di una spesa pubblica che si perde in mille sprechi e in migliaia di privilegi e che il cittadino non è più disposto a tollerare pagando di tasca sua. Anche perchè, e qualcuno questo poco lo nota, se le tasse finiscono quasi tutte per mantenere il parassitismo politico clientelare, cosa ci rimane per il welfare?”

Un capitolo del libro, riguardante le spese del Quirinale e i suoi bilanci non trasparenti, è stato anticipato qualche giorno fa dal Corriere della sera che è il giornale per cui tu scrivi. Che reazioni sono venute dall’inquilino del Colle?

“Da quello attuale per ora nessuna. Dal suo predecessore invece una precisazione pubblicata dal “Corriere” in cui si evidenziava il fatto che l’appannaggio fosse rimasto invariato e che per giunta adesso ci si pagavano sopra le tasse, merito questo non di Ciampi ma di una legge approvata all’epoca del suo predecessore Scalfaro su proposta di un deputato che si chiama Nicola Bono (di An, ndr) contenuta in un emendamento alla finanziaria del 1997, votato a larga maggioranza.”

E nel merito della scarsa trasparenza dei conti del Quirinale lievitati fino a quattro volte quelli di Buckingam Palace? Qualcuno come al solito ha gridato alla lesa maestà istituzionale?

“Nel merito nessuno risponde, l’essere casta consiste in questo. E nel non curarsi neppure più delle critiche. C’è la convinzione che sia un attacco alla democrazia, ad esempio, chiedere come sia possibile che Bassolino abbia avuto nel 2004 un fondo spese per la rappresentanza dodici volte più alto di quello del presidente della repubblica tedesco. Io mi chiedo se questo sia un modo serio di rispondere in un dibattito. Accusando chi fa inchieste di qualunquismo e demagogia. Come se fossero i giornalisti ad allontanare la gente dalla politica semplicemente denunciando questi atteggiamenti parassitari.”

Che deduzioni si possono trarre da questa difesa corporativa, o di “casta”?

“Diciamo la verità , io non sono mai stato radicale né ho mai votato per Pannella, però sono gli unici che in tutti questi anni si sono dimostrati sensibili alla riduzione degli sprechi e dei costi assurdi della politica. Degli altri invece non ricordo iniziative serie per ridurre questi incredibili privilegi.
Resto sbalordito a vedere il professor Luigi Cancrini, che milita nel partito di Diliberto, che non più tardi di dieci giorni fa ha detto di volere chiedere al governo un’accelerazione su due temi come la lotta alla povertà e quella al privilegio, e che invece adesso giustifica il fatto di godere non solo della retribuzione da parlamentare italiano ma anche della pensione da consigliere regionale del Lazio, se non è “casta” questa non so di che stiamo parlando..”

Naturalmente,come si diceva prima, la difesa degli interessati coincide con l’accusa nei tuoi confronti e del tuo collega Rizzo di essere dei “qualunquisti”..?

“E’ una difesa disperata. Io odio il partito della bistecca o della pagnotta, non ho mai detto che i politici siano tutti uguali e non mi ritengo affatto un qualunquista. E credo di potere parlare anche per Rizzo. Noi non diciamo neppure che la polizia non debba essere finanziata, anzi la pensiamo al contrario. Però ci vuole il senso della misura. E il libro è stato fatto con questo spirito. Noi non vogliamo che il Capo dello Stato vada a vivere in una palazzina a Montesacro. Deve certamente avere una residenza di grande rappresentanza.
E’ una questione di immagine internazionale. Dobbiamo fare bella figura. Però non si capisce perchè debba costare quattro volte Buckingam palace. Questo non è accettabile.”

La morale del libro è che gli italiani non possono permettersi gli attuali costi della politica?

“Esatto, noi non possiamo permetterci più l’esistenza di comunità montane che stanno a livello del mare o i presidenti dei consigli circoscrizionali con l’auto blù e uno stipendio da 5 mila euro al mese, non possiamo permetterci 150 province come qualcuno vorrebbe, che si aggiungono ai comuni e alle regioni e a miriadi di altri enti locali. Non finirà lo stato di diritto e la libertà se si aboliscono le province, lo ha fatto anche l’Inghilterra e mi pare che ci sia ancora la democrazia..”




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Corriere della Sera
30 aprile 2007
IL LIBRO
Moratti, il fisco e i regali a Letizia
Moratti e il regalo di 6 milioni a Letizia
Il dono a un' onlus tassato 50 volte in più
Finanziamento-record alla campagna elettorale della moglie
La legge prevede un super sconto per i contributi ai partiti
Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo

«InnaMoratti, sempre di piùùù! / in fondo all' anima, ci sei sempre tuuu!» strillavano ridendo gli studenti nei cortei, facendo il verso a «Un' avventura» di Lucio Battisti. Scherzavano, le canaglie. Senza rispetto per l' allora ministro dell' Istruzione. Ma c' è chi è davvero innamoratissimo di Letizia Brichetto Arnaboldi: suo marito Gianmarco Moratti. Gli altri regalano alla moglie un paio di orecchini, un anello di brillanti oppure, se sono ricchi sfondati, una Bentley Continental Gt Coupé come quella donata da David Beckham all' amata Victoria, la ex spice girl? Lui alla moglie ha regalato Milano. * * * Di più: in occasione della presentazione ufficiale della candidatura della signora a sindaco, arrivò a uscire dal suo proverbiale silenzio (il papà Angelo fece due figli, uno ciarliero e uno muto: lui è quello muto) per concedere alla stampa addirittura qualche dozzina di parole. Cosa che, sui cronisti, ebbe l' impatto di una loquace chiacchierata di Bernardo, il servo afasico di Zorro. Spiegò dunque a Elisabetta Soglio del «Corriere» che lui era proprio contento della candidatura della moglie: «Con Letizia ho passato 36 anni di felicità e spero, anzi sono certo, che lei potrà dare la stessa gioia anche a Milano». Quanto peso ha avuto il suo parere sulla decisione di candidarsi? «Io ho spinto molto, perché so che mia moglie potrebbe essere il miglior sindaco per la nostra città». Ha seguito questa campagna elettorale? «Sì, ed è stato molto importante aver conosciuto da vicino i problemi della città». Come si risolvono? «Letizia saprà come fare, perché lei è abituata. Una persona che da 27 anni segue una comunità di emarginati sa come si affrontano i problemi». L' accenno a San Patrignano, dove i due si spendono da una vita con i ragazzi decisi a disintossicarsi, spinse anzi Gianmarco ad andare più in là. E a spiegare che, per carità, lui non temeva affatto che lei, se eletta, fosse molto esposta: «Quando una persona non vive per la propria ambizione ma per un ideale profondo, quando è estremamente onesta e moralmente integerrima, non può avere paura». Aggiunse infine di essere entusiasta del primo assaggio della vita da "first sciùr" perché in quelle settimane aveva avuto «modo di incontrare molte persone e conoscere i veri problemi della gente». Insomma: «La campagna elettorale ci ha molto arricchiti». Lei, commossa da tante coccole pubbliche, ricambiò: «Tutti i giorni della mia vita sono dedicati a lui, perché è una persona splendida e solo grazie a lui sono diventata quella che sono». Giustissimo. Soprattutto per quanto riguarda la conquista di Palazzo Marino. Se il marito uscì dalla campagna elettorale «arricchito» umanamente, finanziariamente invece si svenò. Meglio: si sarebbe svenato se lui e il fratello Massimo, presidente dell' Inter, non fossero più ricchi del conte di Montecristo. Dai soli atti ufficiali risulta infatti che l' imprenditore Moratti Gianmarco, socio forte dell' industria petrolifera Saras, versò al comitato elettorale di Moratti Letizia, alla voce "contributi ", la bellezza di 6.335.000 (seimilionitrecentotrentacinquemila) euro. Per capirci: con quei soldi, di lussuosissime Bentley Continental GT Coupé, poteva regalarne alla moglie quarantuno. Con l' autoradio e il frigobar. Gli domandarono: è vero che ha pagato lei questa campagna elettorale? Sorrise: «È vero che in casa i conti li tengo io». L' idea che qualche avversario potesse chiedersi maliziosamente se un atto d' amore così costoso fosse anche un investimento sul futuro non lo sfiorò neppure. Del resto, se suo fratello Massimo aveva speso 19 milioni e mezzo di euro per un ronzino come Javier Farinós (Farinós!) e altri 21 per un brocco come Sergio Conceição (Conceição!), non era forse libero, lui, di puntare su una bella puledra purosangue sulla ruota di San Siro? Che Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti sia sempre stata trattata bene dal consorte è, d' altra parte, una leggenda finita perfino in Consiglio dei ministri. Successe il giorno in cui, taglia qua e taglia là, per poter tagliare un pò le tasse Silvio Berlusconi mise le mani pesantemente sui bilanci dell' Istruzione. Scandalizzata, lei tentò una ribellione. Al che Giulio Tremonti, aggiustandosi gli occhialetti e strascicando perfido la "evve" moscia, le sibilò: «Letizia, renditi conto che il governo non è mica tuo marito». Un dettaglio di cui ebbe modo di rendersi conto anche Bruno Ferrante, l' ex prefetto che alle Comunali correva per le sinistre: «Ce l' ho messa tutta, ma era quasi impossibile. Sono partito che non avevo un euro, un telefono, un ufficio, un collaboratore. Noi spendevamo uno, loro cinque». E così scrissero, in un comunicato, anche i Ds. Secondo i quali Ferrante aveva speso per tutta la campagna elettorale 694.000 euro rastrellati tra i militanti e i comitati di base e le collette e un pò di soldi dei partiti della coalizione, e la Moratti 3.642.900. Errore: dal solo marito ebbe in realtà (ufficialmente) nove volte più del denaro investito dall' avversario. E il bello è che Gianmarco Moratti, su quei soldi spesi per la campagna della moglie, risparmiò più tasse che se li avesse dati a un laboratorio scientifico dedito, tra mille difficoltà e carenze di attrezzature e ricercatori pagati 900 euro al mese, agli studi sulla leucemia infantile. Penserete: non è possibile! Invece è così. Dice la legge che «le erogazioni liberali in denaro» a organizzazioni, enti, associazioni onlus (cioè non lucrative di utilità sociale) si possono detrarre dalle imposte per il 19% fino a un tetto massimo di 2065 euro e 83 centesimi. Tetto che per i finanziamenti politici è cinquanta volte più alto: 103.000 euro. Facciamo un esempio? Prendiamo un imprenditore con moglie, due figli, un reddito tondo tondo di un milione di euro l' anno e 423.170 euro di imposte da pagare. Se dona 100.000 euro a una onlus (per dire, una comunità di disabili o i bimbi lebbrosi di Madre Teresa di Calcutta) va a pagare tasse per 422.777 euro con un risparmio di 393. Se invece versa un contribuito di 100.000 euro a un partito va a pagare di Irpef 404.170 euro, con un risparmio di 19.000 euro tondi. Riassumendo: a dare una mano a chi dedica la vita ad alleviare il dolore ti avanzano i soldi per un masterizzatore. A ingraziarsi la simpatia di una giunta o di una segreteria che possono venire utili per gli affari, risparmi quanto basta per andare in crociera in otto, con moglie, figli, genitori e suoceri a Tahiti e Bora Bora.



* * * 6,3 milioni di euro Il finanziamento di Gianmarco Moratti alla moglie per sostenere la sua candidatura a sindaco di Milano

* * * La legge
LA LEGGE In base alle leggi 659/81 e 157/99, per le «erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e dei movimenti politici» per importi tra «51,6 e 103.291 migliaia di euro» è possibile una detrazione dall' imposta lorda pari al 19% della somma erogata

L' OBBLIGO
La legge 659/81 impone sia ai partiti sia a chi li eroga di dichiarare finanziamenti superiori ai 6.613,99 euro annui



* * * I SOLDI ALLA POLITICA
2,32 MILIONI DI EURO


*** UDC Nelle casse del partito guidato da Pier Ferdinando Casini, l' Udc, nel 2006 sono entrati circa 2,327 milioni di euro versati da trenta diversi industriali. Tra i finanziatori, anche la famiglia di Francesco Gaetano Caltagirone. La cui figlia più piccola, Azzurra, è legata a Casini. Da Francesco Gaetano e dai figli Gaetano e Francesco junior sono stati dati 300 mila euro in tutto

*** 228 MILA EURO
*** DS
Secondo il consuntivo del 2006, in tutto ai Democratici di sinistra guidati da Piero Fassino, dai privati sono stati versati 228 mila euro. Di fatto, rispetto al 2005, sono drasticamente diminuiti anche i contributi delle coop. Per esempio manca all' appello del 2006 la Manutencoop (presente in Unipol tramite Holmo), che nel 2005 versò ai Ds 169 mila euro


*** 1 MILIONE 496 MILA EURO
*** FORZA ITALIA
Al partito guidato da Silvio Berlusconi, Forza Italia, nel 2006 sono stati versati solo 1 milione e 496 mila euro dai privati. Un passo indietro rispetto ai 16,482 milioni del 2005. Sono diminuiti i grandi imprenditori tra i finanziatori di Forza Italia, anche se la famiglia Riva, guidata da Emilio, patron dell' Ilva, ha elargito 245 mila euro tra la sede nazionale di FI, quella di Taranto e quella di Bari



[Modificato da INES TABUSSO 06/05/2007 0.05]

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