Eutanasia e accanimento terapeutico

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Nikki72
00domenica 10 dicembre 2006 11:21
In questi giorni se ne parla moltissimo per la vicenda di Piero Welby che da tempo chiede gli vengano staccate le macchine che lo tengono in vita. però in questo caso si può parlare più di accanimento terapeutico che di eutanasia, oltretutto portato avanti contro il volere del paziente, come dire... la volontà di una persona conta meno di zero. però mi viene in mente che papa Wojtyla l'anno scorso è morto "naturalmente", non è stato portato in ospedale, intubato e legato alle macchine per impedirgli di morire. e avrebbero potuto farlo. è stato lui a rifiutarsi, mi sembra... vorrei sapere che ne pensate su questi argomenti che ci toccano un po' tutti (chi non ha avuto un parente o una persona cara malata?) ma che vengono affrontati in maniera diversissima da credenti e non credenti. qualche domanda: è giusto non tenere in nessun conto la volontà di uno che vuole porre fine alle sue sofferenze o sarebbe giusto rispettare questa volontà? si dice che la nostra vita non appartiene a noi ma a Dio e solo Lui può decidere per noi, ma se il soggetto in questione non è credente gli si deve imporre questa "volontà di Dio"? e perché non si parla mai dei tantissimi ragazzi e adulti che ogni giorno si suicidano? loro possono farlo con le proprie mani e quindi nessuno ha niente da dire. mentre il povero Welby è costretto a vivere contro la sua volontà... parliamo di Welby ma di casi simili o anche peggiori del suo ce ne sono tanti, gente in stato vegetativo col cervello con lesioni irreversibili che viene tenuta in vita per decine di anni... perché?
rosa22253
00domenica 10 dicembre 2006 21:32
Re:

Scritto da: Nikki72 10/12/2006 11.21
In questi giorni se ne parla moltissimo per la vicenda di Piero Welby che da tempo chiede gli vengano staccate le macchine che lo tengono in vita. però in questo caso si può parlare più di accanimento terapeutico che di eutanasia, oltretutto portato avanti contro il volere del paziente, come dire... la volontà di una persona conta meno di zero. però mi viene in mente che papa Wojtyla l'anno scorso è morto "naturalmente", non è stato portato in ospedale, intubato e legato alle macchine per impedirgli di morire. e avrebbero potuto farlo. è stato lui a rifiutarsi, mi sembra... vorrei sapere che ne pensate su questi argomenti che ci toccano un po' tutti (chi non ha avuto un parente o una persona cara malata?) ma che vengono affrontati in maniera diversissima da credenti e non credenti. qualche domanda: è giusto non tenere in nessun conto la volontà di uno che vuole porre fine alle sue sofferenze o sarebbe giusto rispettare questa volontà? si dice che la nostra vita non appartiene a noi ma a Dio e solo Lui può decidere per noi, ma se il soggetto in questione non è credente gli si deve imporre questa "volontà di Dio"? e perché non si parla mai dei tantissimi ragazzi e adulti che ogni giorno si suicidano? loro possono farlo con le proprie mani e quindi nessuno ha niente da dire. mentre il povero Welby è costretto a vivere contro la sua volontà... parliamo di Welby ma di casi simili o anche peggiori del suo ce ne sono tanti, gente in stato vegetativo col cervello con lesioni irreversibili che viene tenuta in vita per decine di anni... perché?



Welby, come ho capito io, non vuole che si stacchino le macchine che lo tengono in vita – cosa che gli causerebbe molta sofferenza – ma di essere aiutato a morire con un sedativo. In Svizzera togliersi la vita non è reato ed il suicidio assistito, in certi casi, è legale (vedi per es. qui e qui).

Nel frattempo, tuttavia, si teme che questa possibilità offerta in Svizzera provochi una specie di "turismo della morte", sembra infatti che sempre più persone provenienti da altri paesi ne approfittino.

La questione è soprattutto di carattere etico, anche all'infuori delle norme religiose, e alquanto delicata. Non sono infatti da escludere errori e abusi. Certo, per un credente cattolico la questione non si pone: accettare la propria sofferenza ha senso, togliersi la vita invece no. Esistono tuttavia una serie di mezzi palliativi efficaci per alleviare le sofferenze di cui naturalmente anche un cattolico può approfittare. Poi, per quanto ne so io, la fede cristiana non obbliga nessuna a farsi curare, cioè non è peccato preferire la morte se questa è di carattere naturale e non provocata. E infine: Dio, lo voglio ricordare di nuovo, ci ha resi liberi di prendere le nostre decisioni e di conseguenza di deciderci contro il suo insegnamento. Sono in ogni caso lungi dal giudicare chi mette mano a se stesso o si fa aiutare per togliersi la vita. Ogni giudizio spetta a Dio.

Tuttavia anch'io, vedendo certi casi di vite artificialmente allungate, come quando si tratta di persone molto anziane, completamente dementi, che si rifiutano o non sono più in grado di mangiare e che vengono nutriti con la forza, applicando loro un tubo subcutaneo con cui loro viene intromesso il cibo direttamente nello stomaco, mi chiedo se l'uomo oggi, solo perché la scienza e le tecniche moderne lo consentono, è costretto a sopravvivere la propria ora della morte. Poiché in molti casi, a mio avviso, non si tratta di vita prolungata, ma di agonia sempre più lenta e lunga.

[Modificato da rosa22253 10/12/2006 23.10]

Ratzigirl
00venerdì 26 gennaio 2007 01:01
Dunque, la questione che ponevi, prima della morte di Welby, non teneva conto di un fatto e cioè questo (come è stato anche detto da un primario dell'ospedale di Bologna, laico).Il dottore si chiedeva perchè Welby voleva staccare la spina perchè denunciava la sofferenza ma rifiutava qualsiasi tipo di cura palliativa.
L'eutanasia è, secondo un giudizio etico, rispondente anche a quanto dicono le nostre leggi,illecita, perchè interrompe sempre e comunque una vita umana. Welby denunciava il dolore, ma rifiutava di recarsi in ospedale per sottoporsi a delle cure che avrebbero potuto alleviare quel dolore.Non voglio, con quanto sto per dire, fare un processo ad una persona defunta, ma, ci sono state persone e si sono moltiplicati gli appelli a Welby nei giorni precedenti alla morte, che lo incitavano a ricoverarsi o comunque a non "uccidersi"...ripeto: non voglio fare un processo a chi non c'è più,lungi da me, però c'è da dire che la cosa, forse andrebbe guardata da più punti di vista, anche se, alla fine, sul dolore degli altri, le parole sono sempre inadeguate....
Ratzigirl
00venerdì 26 gennaio 2007 01:40
articolo di Zenit

A tal proposito proprio oggi pomeriggio è uscito un articolo su Zenit che può essere fonte di interesanti informzioni:

Guida per avvicinarsi al senso del dolore e della sofferenza


Diffusa dall’Organizzazione Cattolica canadese per la Vita e la Famiglia


L’Organizzazione Cattolica canadese per la Vita e la Famiglia (COLF, dalle iniziali in inglese) ha lanciato questo mese una pubblicazione pensata per qualsiasi ambito in cui uomini e donne, giovani e adulti si interrogano e affrontano l’enigma del dolore e della morte.

Con il titolo “Vivere, soffrire e morire... perché?”, integralmente disponibile on line, l’opuscolo, di sei pagine a colori, è anche una risposta alle voci che attualmente chiedono la “libertà individuale” per invocare un presunto “diritto di morire” quando la malattia sembra rendere la vita un peso insopportabile.

Per questo il testo suscita la questione del senso dell’esistenza e della sofferenza.

Intenzione degli editori è fornire a quanti soffrono e ad altre persone l’opportunità di scoprire o approfondire la comprensione dell’inaspettato senso che Cristo dà alla nostra vita e alla nostra sofferenza.

“Molti troveranno in Lui la fonte della loro perseveranza, della loro speranza, e anche della loro gioia nelle avversità”, spiegano.

Vari paragrafi permettono un avvicinamento a questo tema: “Dove trovare la felicità”, “Amare per tutta l’eternità”, “Semplicemente vivere per Dio”, “Siamo il Corpo di Cristo”, “Una chiamata alla solidarietà” e “Aprire la porta all’eternità”.

Queste pagine ricordano che “il Creatore dell’universo ha preso la nostra natura umana”, scegliendo di essere uno di noi “per stabilire una nuova alleanza tra Lui e l’umanità”.

“Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è venuto a vivere la vita come uomo per insegnarci ad amare come Dio ama”, prosegue, e “ha dimostrato la volontà di Dio fino alla morte in croce di offrire il suo perdono e la sua amicizia a ciascuno di noi”; “ogni persona è invitata ad accettare liberamente questa riconciliazione”.

“Dio rimane al nostro fianco aiutandoci ad affrontare la malattia quando bussa alla nostra porta, e la morte, che un giorno significherà il nostro passaggio alla vita eterna”; “tutto ciò che dobbiamo fare è accogliere il Suo aiuto”, propone.

“Aiutare a morire”

La pubblicazione sottolinea anche la chiamata di ogni battezzato ad essere “un altro Cristo” – “Cristo il Servo” – “che cammina con i suoi amici e li aiuta ad affrontare le sfide, sostenendoli nel momento di sofferenza affinché abbiano coraggio fino alla fine naturale della loro vita”.

“Per i cristiani questo è il significato reale di ‘aiutare a morire’ – precisa –: è aiutare a vivere fino al giorno in cui Dio chiamerà suo figlio perché torni a casa”.

Si tratta di un’“esortazione alla compassione, alla responsabilità, alla fraternità e alla solidarietà” che rappresenta anche un appello “a servire Cristo sofferente”, che si può “riconoscere e amare in ogni persona impaurita, che si sente sola, sminuita, spogliata, angosciata, abbandonata…”.

Cure palliative: la dignità del malato terminale

Tra le “più belle risposte alla sofferenza” ci sono le cure palliative – riconosce la pubblicazione –, “che non cercano mai di accelerare la morte”.

“Associando sofisticate cure del dolore fisico all’accompagnamento personale caratterizzato da sollecitudine, tenerezza e compassione, molti professionisti sanitari e volontari che lavorano in unità di cure palliative confermano la dignità del malato terminale”, riconosce.

“Queste ammirevoli équipes di solidarietà umana prendono in considerazione tutte le necessità (fisiche, psicologiche, sociali e spirituali) delle persone che sono giunte alla fine del loro itinerario terreno”, segnala la COLF.

L’organizzazione invita a far sì che le riflessioni espresse nell’opuscolo proseguano in famiglia, tra amici o colleghi di lavoro, nelle parrocchie, nei collegi, nelle università, negli ospedali e residenze e nei centri di cure palliative.

La pubblicazione è integralmente disponibile in inglese e francese in formato pdf sulla pagina web http://www.colf.ca/.

L’Organizzazione Cattolica canadese per la Vita e la Famiglia ha l’obiettivo di promuovere il rispetto per la vita umana e la sua dignità, così come il ruolo essenziale della famiglia. Ha il sostegno della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Canada (CCCB).
rorina!
00sabato 3 febbraio 2007 10:35
Caso Welby, scagionato medico
11.57: L'ordine dei medici di Cremona ha deciso di archiviare il procedimento disciplinare a carico di Mario Riccio, l'anestesista che il 20 dicembre scorso staccò la spina del respiratore che teneva in vita Piergiorgio Welby. Nella lunga riunione di stanotte, si è stabilito che non c'e' stata alcuna violazione del codice deontologico.


fonte:audionews
ratzi.lella
00sabato 3 febbraio 2007 11:39
WELBY: SCIENZA E VITA, SU RICCIO CREMONA HA IGNORATO CSS

"La decisione dell'Ordine dei Medici di Cremona di assolvere l'anestesista Mario Riccio, protagonista del caso Welby, e' in netto contrasto con il parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanita' che non aveva riscontrato, nelle cure garantite al paziente, gli estremi dell'accanimento terapeutico". Lo denuncia l'associazione Scienza e Vita che definisce l'operato dell'Ordine dei Medici di Cremona "decisamente insolito, se non inquietante dal momento che si tratta dello stesso caso Welby". Secondo Scienza e Vita, il fatto sottolinea "ancora una volta l'esigenza di fare chiarezza su che cosa sia attualmente l'accanimento terapeutico". "La diversita' di opinioni tra i due organi chiamati ad esprimersi - spiega l'associazione - rende ancora piu' evidente quanto sia fondamentale non solo confrontarsi sull'accanimento terapeutico, ma anche sull'abbandono terapeutico e curativo e sull'eutanasia per omissione". L'associazione che, sottolinea una nota, "vuole evitare la strumentalizzazione del linguaggio e la banalizzazione dei concetti" propone un incontro-dibattito dal titolo "Di fronte all'accanimento terapeutico" per offrire "un contributo al dibattito scientifico in un clima pacato e al di fuori di coinvolgimenti emotivi legati all'uso se non alla strumentalizzazione di casi personali". L'appuntamento e' per mercoledi' 7 febbraio alle ore 10:30 a Roma. Interverranno Ignazio Marino, Amedeo Bianco, Pier Paolo Donadio, Rodolfo Proietti.
AteoConvinto
00sabato 3 febbraio 2007 12:37
Re:

Scritto da: Ratzigirl 26/01/2007 1.01
Dunque, la questione che ponevi, prima della morte di Welby, non teneva conto di un fatto e cioè questo (come è stato anche detto da un primario dell'ospedale di Bologna, laico).Il dottore si chiedeva perchè Welby voleva staccare la spina perchè denunciava la sofferenza ma rifiutava qualsiasi tipo di cura palliativa.
L'eutanasia è, secondo un giudizio etico, rispondente anche a quanto dicono le nostre leggi,illecita, perchè interrompe sempre e comunque una vita umana. Welby denunciava il dolore, ma rifiutava di recarsi in ospedale per sottoporsi a delle cure che avrebbero potuto alleviare quel dolore.Non voglio, con quanto sto per dire, fare un processo ad una persona defunta, ma, ci sono state persone e si sono moltiplicati gli appelli a Welby nei giorni precedenti alla morte, che lo incitavano a ricoverarsi o comunque a non "uccidersi"...ripeto: non voglio fare un processo a chi non c'è più,lungi da me, però c'è da dire che la cosa, forse andrebbe guardata da più punti di vista, anche se, alla fine, sul dolore degli altri, le parole sono sempre inadeguate....



io credo che ognuno abbia il sacrosanto diritto di DECIDERE della propria vita (=LIBERO ARBITRIO che xò forse x i cattolici non riformati risulta essre un argomento di ostica comprensione) e non debba assolutamente delegare questo diritto, privandosene, ad altri, specialmente a Dio
rorina!
00sabato 3 febbraio 2007 13:53
I GRANDI TEMI EVOCATI E CONFUSI, SOLLEVATI DAL CASO WELBY

Con la morte di Pier Giorgio Welby, i problemi sollevati su molti piani dal suo dramma sono tutt’altro che chiusi. Nei dibattiti che hanno accompagnato la vicenda, cinque diversi temi sono stati evocati e spesso confusi: l’accanimento terapeutico (l’insistere con terapie, anche invasive e dolorose, prolungando solo l’agonia), che tutti respingono, in carenza però di criteri precisi per definirlo; il testamento biologico (la documentata manifestazione della volontà personale circa le cure eccezionali e invasive — pensiamo a un trapianto d’organi — cui si accetta di essere sottoposti, nel caso in cui si sia non più coscienti) che tutti approvano, ma che non è normato; il principio (ora vigente) che esige il consenso del paziente alle cure (e quindi il diritto di rifiutarle o interromperle: pensiamo a una chemioterapia), che però si può trovare in conflitto con l’obbligo del medico di istituire una terapia, se altrimenti ne segua la morte del paziente; l’eutanasia “attiva” (la legittimazione di interventi medici aventi per scopo diretto la soppressione indolore della vita di pazienti consenzienti, molto sofferenti e inguaribili), sostenuta solo da una piccola minoranza: l’ambigua “eutanasia passiva” ma con cui si intende per lo più l’astenersi (col consenso del paziente) dal ritardare la morte naturale con terapie inutili e dolorose, e che è allora affine al non accanimento. Che il suo dramma divenisse un “caso” è stata volontà di Pier Giorgio Welby, il quale, oltre a risolvere la propria situazione, ha inteso sollevare un problema generale di diritti della persona malata a decidere per sé, facendo così emergere la necessità da tutti riconosciuta di migliori e più chiare norme legislative. Sul piano etico, è emerso come non basti rifiutare da un lato l’eutanasia e dall’altro l’accanimento terapeutico, ma vi sia una zona grigia sulla quale la riflessione si deve impegnare. Il progresso tecnologico ha infatti provocato un cambiamento delle nozioni di “vita” e di “morte” e fatto scoprire l’intrinseca difficoltà nel definirle. Esempio ne sono, da un lato, le procedure che regolano l’espianto di organi a cuore battente ma a cervello ormai morto (circostanza che per esser verificata richiede sofisticate tecnologie). D’altro lato, sussidi tecnologici rendono possibile il prolungamento della vita cerebrale di persone il cui organismo ha perso la capacità di espletare naturalmente le essenziali funzioni vitali. C’è un obbligo morale a curarsi, non c’è dubbio. Ma quali sono i limiti di tale obbligo? In specie, quando la terapia consista nel supporto dato da un macchinario, si pone la spinosa questione del rapporto tra essere umano e macchina, tra naturalità o artificialità della vita e della morte. Nell’ambito della riproduzione umana, l’etica cattolica sostanzialmente respinge quanto non è naturale. E quando l’attività della macchina non sia un sussidio temporaneo per superare una crisi né sia solo (come il pacemaker) sostegno di una funzionalità ridotta, bensì sostituisca funzioni vitali naturali ormai impossibili, c’è un obbligo morale a ricorrervi? E, se tale obbligo non sussiste, non è anche lecito sospendere il ricorso ad essa? Pone evidentemente problemi etici non solo “staccare” ma anche se e quando “attaccare” la spina. Anche perché la gran parte del mondo ha il problema opposto al nostro: ossia la mancanza anche di ben più elementari presidi sanitari, l’impossibilità, per moltitudini di avere un’assistenza minima. Peraltro, c’è un grandissimo bisogno di “eutanasia” intesa in ben altro senso: ossia, come adeguata formazione e cultura diffusa, ora quasi assenti, della assistenza alle persone morenti, sia in ospedale sia e soprattutto a casa. Come se il trapasso non abbisognasse di cura fisica, psicologica e morale, oltre che spirituale. La negazione del funerale religioso a Welby ha amareggiato molti fedeli e distanziato la Chiesa cattolica dalle altre confessioni cristiane (presenti ai funerali: anche se i notiziari l’hanno sottaciuto). La ‘‘cattiva morte” della pena di morte non è radicalmente condannata dal Catechismo, ma il solo sospetto di “eutanasia” basta a far escludere dalla pubblica intercessione della Chiesa. Se è ben vero che non si può parlare di “diritto a morire” (la vita non è disponibile al diritto, perché ne è la base), in certi casi “voglio morire” è un altro modo per dire «vorrei tanto vivere, ma col mio corpo, non tramite invasive macchine». Un funerale religioso è stato concesso a Pinochet, responsabile non pubblicamente pentito di stragi e truffe, e celebrato a Milano in Sant’Ambrogio per un ex terrorista nero, avvolto in bandiera col fascio littorio e accompagnato da naziskin, ma negato in Italia a un divorziato risposato (eppure tali fedeli vengono invitati a partecipare alla Messa, astenendosi dalla Comunione). Anche se Catechismo e Diritto Canonico sono rispettati, il sensus di molti dei fidelium resta lontano.

di Maria Cristina Bartolomei
docente di filosofia e teologa
Jesus, Febbraio 2007
Regin
00sabato 3 febbraio 2007 14:36
Re: Re:

Scritto da: AteoConvinto 03/02/2007 12.37


i cattolici non riformati risulta essre un argomento di ostica comprensione)




Non esistono i cattolici non riformati. Sarebbe il caso di precisare a chi ti riferisci.






[Modificato da Regin 03/02/2007 14.37]

AteoConvinto
00sabato 3 febbraio 2007 15:07
Re: Re: Re:

Scritto da: Regin 03/02/2007 14.36

Scritto da: AteoConvinto 03/02/2007 12.37


i cattolici non riformati risulta essre un argomento di ostica comprensione)




Non esistono i cattolici non riformati. Sarebbe il caso di precisare a chi ti riferisci.



[Modificato da Regin 03/02/2007 14.37]





Hai ragione, ho commesso un gravissimo errore.

Intandevo dire i CRISTIANI non riformati.
Pius Augustus
00sabato 3 febbraio 2007 20:50
volevo aggiungere che:

Welby non rifiutava di farsi somministrare cure che potessero alleviare il dolore,che riceveva invece da anni e che erano inutili,bensì si rifiutava di accettare cure che lo tenevano in vita e avevano la stessa possibilità di far finire il dolore delle precedenti.
Dato che per anni queste avevano fallito dubito che queste potessero cambiare le cose,inoltre quoto il commento di ateo convinto.
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