DDL per l'abolizione del precariato

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Pertinax
00lunedì 7 maggio 2007 13:42
[SM=x751611]
Senato della Repubblica
Proposta di legge
Norme per il superamento del lavoro precario


La proposta di legge è stata elaborata dal Centro Diritti del Lavoro "Pietro Alò" e presentata alla Camera dei Deputati il 29 gennaio (AC 2185) per iniziativa dei deputati dei Gruppi di Rifondazione Comunista, Pdci, Verdi.

Il carattere qualificante della proposta di legge sono la centralità del lavoro a tempo
indeterminato come forma tipica di lavoro subordinato, il superamento della
precarizzazione dei rapporti di lavoro e il rafforzamento delle tutele dei lavoratori.
tanto nel settore privato che in quello pubblico.

La proposta mira al superamento della separazione tipologica dei rapporti di lavoro e al
riconoscimento di un rapporto unico, sia pure con una possibile interna articolazione di
modalità di esecuzione. Occorre mettere in discussione l’idea diffusa secondo cui la
subordinazione in senso giuridico coinciderebbe con l’eterodirezione in senso forte, intesa come
sottoposizione del lavoratore a capillari direttive ed assidui controlli del datore di lavoro.

Occorre invece porre l’attenzione sul concetto di dipendenza socio-economica, cioè su
quella doppia alienità (dei mezzi di produzione e del risultato utile della prestazione) che
contraddistinguono la condizione del lavoratore, che aderisce ad un progetto e ad
un’organizzazione di impresa altrui.

La proposta vuole rappresentare un contributo allo sviluppo del programma
dell’UNIONE per il contrasto alla precarietà del lavoro, ridefinendo modalità di
assunzione e di rapporti di lavoro in un quadro di uguaglianza tra lavoratori e di
garanzie esigibili.

PUNTI PRINCIPALI DELLA PROPOSTA


1. Abolizione dei contratti a progetto (articolo 1), mentre quelli in corso sono trasformati
in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Si prevedono inoltre concorsi
riservati nella pubblica amministrazione per i titolari di contratti a progetto in esecuzione.
In questi anni sono migliaia i lavoratori e le lavoratrici assunti da istituzioni ed enti
pubblici in condizione di estrema precarietà, ed oltre il 60% sono donne. Secondo le
ultime statistiche, anzi, il lavoro precario è più diffuso nella pubblica amministrazione che nel settore privato. L’articolo 2 della proposta riunifica il mondo del lavoro e supera la
distinzione tra lavoro subordinato e collaborazione coordinata e continuativa
(lavoro parasubordinato), tramite la modifica dell’articolo 2094 del codice civile;

2. Cessazione dell’uso distorto del contratto di associazione in partecipazione,
trasformatosi da forma di finanziamento dell'attività imprenditoriale in forma di
sfruttamento della forza-lavoro (articolo 4). L'associato finanzia l'impresa mediante
corresponsione di denaro o di altro bene; in cambio partecipa agli eventuali utili. Nel
tempo, il mezzo di partecipazione dell'associato - che non gestisce l'impresa - è diventata
il lavoro stesso, cosa che ha trasferito molti rischi in capo al lavoratore, sottraendogli nel
contempo tutti i diritti. L'articolo 4 vieta dunque di considerare la prestazione
lavorativa legittimo conferimento nel contratto di associazione in partecipazione;

3. Definizione dei casi eccezionali di lavoro a termine (articolo 5), che comunque non
può superare i tre anni. Attualmente il DLGS 368/01 non prevede limiti, contrariamente a
quanto contemplato dalla stessa normativa europea: sul punto è pertanto necessario
legiferare. I casi tassativamente previsti sono i seguenti:
a) a fronte di oggettive e temporanee ragioni di carattere tecnico organizzativo o
produttivo;
b) quando l'assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti per i quali sussiste il
diritto alla conservazione del rapporto di lavoro;
c) per l'assunzione di dirigenti, amministrativi e tecnici, purché il contratto non abbia
durata superiore a cinque anni [...];
d) nelle altre ipotesi di attività temporanee individuate nei contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulati unitariamente dai sindacati comparativamente più rappresentativi in base
alla loro consistenza organizzativa e ai risultati delle elezioni di rappresentanze aziendali
unitarie. In relazione a tali ipotesi i contratti collettivi stabiliscono la percentuale massima
dei lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine rispetto al numero dei
dipendenti a tempo indeterminato. Le organizzazioni sindacali firmatarie e le
rappresentanze sindacali unitarie hanno diritto di richiedere in ogni momento la
comunicazione di tali dati e di controllarne la veridicità. Il comma 4 del medesimo articolo
5 prevede diverse fattispecie, tutte a vantaggio del lavoratore.
Sono da notare: i) il ruolo delle organizzazioni sindacali; ii) il diritto di precedenza nelle
assunzioni, riconosciuto a quei lavoratori non più in servizio quando il datore di lavoro
effettui nuove assunzioni entro un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro a termine;
iii) l'onere della prova, che è sempre a carico del datore di lavoro; iv); l'applicabilità dei
provvedimenti alla pubblica amministrazione.

4. Abolizione della somministrazione di lavoro (cosiddetto lavoro interinale) a
tempo indeterminato (articolo 6). Il lavoro interinale era stato introdotto dalla legge
196/1997, ma con l’entrata in vigore degli articoli 4 e 20 del DLGS 276/2003 la funzione
politico-giuridica e la valenza ideologica dell’istituto sono divenute evidenti. Le imprese
hanno utilizzato questa forma contrattuale non per risparmiare né per reperire lavoratori
qualificati, ma, al contrario, solo dopo aver selezionato i lavoratori più idonei (magari
perché ricattabili e quindi mansueti), li hanno fatti assumere dalle agenzie interinali da cui
poi sono stati avviati «in missione» presso le medesime aziende. Nell’intento di riportare
la funzione delle agenzie di somministrazione alla loro ratio giustificativa originale, oltre
all’abolizione della somministrazione a tempo indeterminato, si prevede il ricorso alla
somministrazione solo in quei casi in cui sarebbe possibile stipulare un contratto
a termine diretto. Ancora, viene introdotta la nullità del contratto di
somministrazione tra agenzia e lavoratore, quando esso derivi da una
precedente intesa assuntiva tra il lavoratore stesso e l’imprenditore utilizzatore.
Infine, coerentemente con l’impianto complessivo, vengono abolite le ammende irrisorie
previste nei casi di somministrazione fraudolenta di lavoro a tempo determinato (ai sensi
dell’art. 28 DLGS 276/2003);

5. Ridefinizione del contratto di appalto (articolo 7), mediante l’abrogazione dell'articolo
29 DLGS 276/2003. Esso contiene inoltre, al comma 1, la rilevante disposizione che
imputa all'imprenditore appaltante la responsabilità nei confronti dei dipendenti
dell'appaltatore e del subappaltatore;

6. Ridefinizione della cessione del ramo di azienda (articolo 8): si delinea un quadro a
vantaggio del lavoratore. Gli imprenditori hanno sovente “costruito” rami d’azienda
nell'esclusivo obiettivo di scorporarne una parte, ancorché precedentemente priva di
autonoma funzionalità economico-produttiva, per poi venderla ad un cessionario di
fiducia, che assume anche l'appalto per la fornitura di quei beni o semilavorati che erano
prodotti direttamente dall'azienda cedente. Il costo di tali beni o semilavorati, prodotti
all'esterno, può essere inferiore a quello precedente, in virtù del peggior trattamento che
è possibile praticare ai lavoratori forzosamente trasferiti alle dipendenze del cessionario. Il
più delle volte, infine, tale appaltatore di fiducia è una società di capitali costituita dallo
stesso cedente. La cessione del ramo d'azienda è poi lo schema talvolta utilizzato per i
licenziamenti collettivi, in quanto i lavoratori vengono trasferiti e poi la società cessionaria
viene messa in liquidazione. L'articolo 8 impedisce queste pratiche, vietando la
costituzione artificiosa di rami d'azienda, dichiarando il mantenimento di diritti e
trattamenti acquisiti dai lavoratori nell'impresa cedente e stabilendo il diritto dei lavoratori
trasferiti ad essere riassunti presso l'impresa cedente qualora cessi l'appalto;

7. Definizione del lavoro nei gruppi di imprese, tra loro collegate perché riconducibili ad
un unico assetto proprietario (articolo 9). La suddivisione di attività sostanzialmente unitarie tra soggetti imprenditoriali giuridicamente autonomi costituisce una ben nota
modalità di elusione di importantissime normative di tutela del lavoro, la cui applicabilità
dipende dal numero di lavoratori: si pensi all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge
300/70). L'articolo 9 stabilisce che ai fini del computo del numero dei dipendenti
occorre far riferimento non solo ai dipendenti formalmente assunti dal soggetto
imprenditoriale cui la norma va applicata, ma al livello occupazionale del gruppo
di cui quel soggetto fa eventualmente parte. Tale ratio è già presente in alcune
norme, come il comma 4-bis dell'articolo 8 della legge 223/91, volto ad impedire che i
benefici accordati alle imprese che assumono lavoratori in mobilità possano essere fruiti
da un'impresa facente parte dello stesso gruppo di quella da cui provengono i lavoratori
licenziati;

8. Definizione di comportamento antisindacale del datore di lavoro che ha
lavoratori irregolari (articolo 10): in questo modo il sindacato può intervenire ai sensi
dell'art. 28 della legge 300/70, senza la necessità della costituzione in giudizio del
lavoratore irregolare, cosa molto difficile nella pratica;

9. Abolizione di lavoro intermittente, lavoro ripartito, contratto di inserimento,
certificazione dei contratti, così come previsti in vari articoli del DLGS 276/2003
(articolo 13).


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Riccardo.cuordileone
00lunedì 7 maggio 2007 18:58
Dopo un anno tragico finalmente un buon ddl, non posso che concordare, anche se dubito che riuscirà a passare così com'è.
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