CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE
DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
"SACRAMENTUM CARITATIS"
SULL’EUCARISTIA FONTE E CULMINE
DELLA VITA E DELLA MISSIONE DELLA CHIESA
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale del Santo Padre Benedetto XVI "Sacramentum Caritatis" sull’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa.
Intervengono alla Conferenza Stampa l’Em.mo Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia, Relatore Generale all’XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2 - 23 ottobre 2005) e S.E. Mons. Nikola Eterovic, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.
L'intervento del Cardinale Scola e una sintesi dell'Esortazione:
INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. ANGELO SCOLA
I. Introduzione
1. Nello spazio dell’amore
Non è un caso che, tra tutte le denominazioni attribuite lungo i secoli all’Eucaristia, il Santo Padre abbia scelto come titolo del presente documento una delle espressioni con cui san Tommaso d’Aquino ha definito il Mistero eucaristico: Sacramentum Caritatis. Per l’Aquinate, infatti, il memoriale del dono che Cristo fa di Sé nel Suo corpo e nel Suo sangue è sacramento supremo dell’amore divino. Brilla così nell’Esortazione Apostolica il profondo magistero della Deus caritas est. L’insistenza del Santo Padre, in questi due anni di pontificato, sulla verità dell’amore dice con chiarezza che siamo di fronte ad uno dei temi cruciali su cui si gioca il futuro della Chiesa e dell’umanità. Anche se il Papa non l’avesse esplicitamente affermato - «intendo porre la presente Esortazione in relazione con la mia prima Lettera enciclica Deus caritas est» (n. 5) – sarebbero bastati i frequenti riferimenti all’Enciclica per confermarlo (cfr. nn. 5, 9, 11, 82, 88, 89).
L’amore eucaristico di Gesù continua a stupire. Ha stupito i dodici mentre Egli si chinava a lavare loro i piedi, amandoli "sino alla fine"; ha stupito i discepoli di Emmaus nello spezzare il pane. È l’amore incarnato di Dio, che per sua natura sorprende sempre. Quello "stupore eucaristico" di cui il servo di Dio Giovanni Paolo II ha parlato con efficace intensità, viene proposto come la via maestra, accessibile agli uomini e alle donne del nostro tempo, per fare l’esperienza dell’amore.
2. Frutto del lavoro sinodale
Con l’Esortazione Apostolica Postsinodale di Sua Santità Benedetto XVI sull’Eucaristia come fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa, Sacramentum Caritatis, il lungo ed articolato itinerario della XI Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi trova il suo frutto più maturo (cfr. nn. 3-4). Come è noto, le esortazioni apostoliche postsinodali configurano, all’interno del magistero pontificio, uno specifico "genere letterario". Il Sommo Pontefice vi raccoglie, conferma e approfondisce autorevolmente quanto è stato comunicato, dibattuto ed approvato lungo tutto l’itinerario sinodale, dalla indizione dell’Assemblea fino al termine dei lavori. Nel testo di Sacramentum Caritatis si sentono così riecheggiare, in modo implicito o esplicito, i vari documenti che hanno accompagnato i lavori sinodali: dai Lineamenta all’Instrumentum Laboris, dalle due Relationes, ante et post Disceptationem, fino alle 50 propositiones elaborate dai circuli minores ed approvate dalla plenaria. Così come è ben riconoscibile l’eco degli interventi liberi in aula – voluti per la prima volta da Benedetto XVI - che, oltre ad apporti dottrinali, hanno spesso offerto testimonianze commoventi di varie comunità e dei loro pastori. I cristiani, a volte anche a rischio della vita, diffondono l’amorosa carità di Cristo che celebrano nel mistero.
3. Nuovi approfondimenti
Se da una parte l’Esortazione Apostolica costituisce il frutto maturo di un cammino percorso, dall’altra si pone esplicitamente l’obiettivo di aprire la strada ad ulteriori approfondimenti. Essa mira, infatti, ad «esplicitare alcune fondamentali linee di impegno, volte a destare nella Chiesa nuovo impulso e fervore eucaristico» (n. 5). Un contributo prezioso in tal senso lo darà anche la pubblicazione del Compendio eucaristico proposto dai Padri sinodali (cfr. n. 92).
II. Un atto di receptio dell’insegnamento conciliare
1. Un’unità articolata
La lettura e lo studio dell’Esortazione è facilitata dalla sua struttura tanto articolata quanto saldamente unitaria. Essa poggia sull’inscindibile nesso di tre aspetti: Mistero eucaristico, azione liturgica e nuovo culto spirituale. Si tratta del cardine stesso di tutto l’insegnamento che il Santo Padre ha voluto proporre nell’Esortazione. Egli, infatti, afferma: «nel presente documento desidero soprattutto raccomandare, accogliendo il voto dei Padri sinodali, che il popolo cristiano approfondisca la relazione tra il Mistero eucaristico, l’azione liturgica e il nuovo culto spirituale derivante dall’Eucaristia, quale sacramento della carità» (n. 5).
L’Esortazione risulta in tal modo strutturata in tre parti ognuna delle quali approfondisce una delle tre dimensioni dell’Eucaristia superando ogni giustapposizione di dottrina, prassi liturgica e vita cristiana. Le tre parti del testo - Eucaristia, mistero da credere, Eucaristia, mistero da celebrare ed Eucaristia, mistero da vivere - sono a tal punto legate che i loro contenuti si illuminano a vicenda. Del resto un significativo guadagno del lavoro sinodale è proprio il superamento di taluni dualismi – per esempio quelli tra fede eucaristica e rito, tra celebrazione ed adorazione tra dottrina e pastorale - a volte ancora presenti nella vita della comunità ecclesiale e nella riflessione teologica.
E questo in forza dell'innovativa affermazione della centralità dell’azione liturgica nella vita della Chiesa. Essa è in effetti il cuore di tutto il testo. Proprio all’inizio della Seconda Parte del documento, Benedetto XVI, ricordando l’assioma classico lex orandi – lex credendi, afferma che «è necessario vivere l’Eucaristia come mistero della fede autenticamente celebrato, nella chiara consapevolezza che "l’intellectus fidei è sempre originariamente in rapporto all’azione liturgica della Chiesa". In questo ambito, la riflessione teologica non può mai prescindere dall’ordine sacramentale istituito da Cristo. Dall’altra parte, l’azione liturgica non può mai essere considerata genericamente, a prescindere dal mistero della fede» (n. 34).
L’insegnamento del Santo Padre illustra con chiarezza come l’azione liturgica (mistero da celebrare) sia quell’azione specifica che rende possibile la conformazione della vita cristiana (mistero da vivere, nuovo culto) da parte della fede (mistero da credere). Nel rito eucaristico (cfr. nn. 3, 6, 38, 40), luogo per eccellenza della traditio, il cristiano accoglie (receptio) il dono di Cristo stesso per diventare, in forza della fede e della rigenerazione sacramentale, membro del Suo corpo che è la Chiesa.
2. Ars celebrandi ed actuosa participatio
Alla luce di questo guadagno fondamentale occorre leggere una seconda novità dottrinale di grande importanza proposta dall’Esortazione. Si tratta di un insegnamento teso a favorire l’approfondimento ulteriore della riforma liturgica ed il rinnovamento della prassi celebrativa nelle comunità cristiane.
Mi riferisco all’importanza dell’ars celebrandi (arte di celebrare) per una sempre più actuosa participatio (partecipazione attiva, piena e fruttuosa). Particolarmente innovativa infatti appare, in riferimento alla celebrazione, l’insistenza del documento sulla dipendenza dell’actuosa participatio dall’ars celebrandi. Benedetto XVI, riprendendo la propositio 2 approvata dall’Assemblea Sinodale, afferma che «l’ars celebrandi è la migliore condizione per l’actuosa participatio. L’ars celebrandi scaturisce dall’obbedienza fedele alle norme liturgiche nella loro completezza, poiché è proprio questo modo di celebrare ad assicurare da duemila anni la vita di fede di tutti i credenti, i quali sono chiamati a vivere la celebrazione in quanto Popolo di Dio, sacerdozio regale, nazione santa (cfr. 1pt 2, 4-5.9)» (n. 38).
3. Una riproposizione creativa di Sacrosanctum Concilium
L’insegnamento di Benedetto XVI circa l’inseparabile unità tra fede professata, azione liturgica e nuovo culto, risulta così essere uno sviluppo del n. 7 della Costituzione Sacrosanctum Concilium: «ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado». La dottrina di Benedetto XVI in proposito rappresenta un paradigma di recezione dei testi conciliari. Siamo qui in presenza di quell’ermeneutica della continuità che il Santo Padre ha esplicitamente richiamato come necessaria chiave di comprensione e recezione del Vaticano II (cfr. n. 3, nota 6).
III. Struttura e contenuti dell’Esortazione
È ora opportuno far un sintetico riferimento ai contenuti delle tre parti dell’Esortazione, soffermandoci su taluni aspetti dottrinali e sulle preziose indicazioni pastorali in esse offerte. A questo proposito giova notare, per inciso, che la Sacramentum Caritatis, offre almeno una cinquantina di proposte pratiche di carattere liturgico-pastorale. Proprio in forza dell’impianto profondamente unitario dell’Esortazione, presentando i singoli contenuti di ogni parte non si potrà prescindere dal mettere in evidenza i nessi con argomenti presenti nelle altre due sezioni del documento.
1. Eucaristia, mistero da credere
Il dono della Trinità
Nella Prima Parte (nn. 6-33) si illustra il mistero dell’Eucaristia a partire dalla sua origine trinitaria che ne assicura il permanente carattere di dono (cfr. nn. 7-8): «Si tratta di un dono assolutamente gratuito, che risponde soltanto alle promesse di Dio, compiute oltre ogni misura. La Chiesa accoglie, celebra, adora questo dono in fedele obbedienza» (n. 8). In questo insegnamento si trova la radice profonda di quanto l’Esortazione insegna circa l’adorazione e il suo intrinseco rapporto con la celebrazione eucaristica (cfr. nn. 66-69): «l’adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d’adorazione della Chiesa» (n. 66). Di seguito vengono puntualmente illustrate l’importanza della pratica (cfr. n. 67) e le forme (cfr. n. 68) dell’adorazione eucaristica.
Istituzione cristologica e opera dello Spirito
Particolarmente pregnanti e nutrite da forte afflato ecumenico sono le affermazioni del Santo Padre circa l’istituzione dell’Eucaristia in rapporto con la Cena pasquale ebraica (cfr. n. 10), che raccolgono il suo intervento in aula del 6 ottobre 2005. Scrive Benedetto XVI: «Con il comando "Fate questo in memoria di me" (Lc 22, 19; 1Cor 11, 25), Egli ci chiede di corrispondere al suo dono e di rappresentarlo sacramentalmente. Con queste parole, pertanto, il Signore esprime, per così dire, l’attesa che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio, accolga questo dono, sviluppando sotto la guida dello Spirito Santo la forma liturgica del Sacramento. Il memoriale del suo dono perfetto, infatti, non consiste nella ripetizione dell’Ultima Cena, ma propriamente nell’Eucaristia, ossia nella novità radicale del culto cristiano» (n. 11). È un passaggio decisivo per illuminare il novum radicale operato da Gesù all’interno della antica cena rituale. Noi, infatti, nel rito non ripetiamo l’atto cronologicamente situato dell’Ultima Cena di Gesù, ma celebriamo l’Eucaristia quale novum radicale del culto cristiano. Egli ci chiama ad entrare nella Sua stessa ora, il mistero di morte e di risurrezione, principio innovativo di trasformazione - «una sorta di "fissione nucleare"» (n. 11) - di tutta la storia e del cosmo intero. In questa prospettiva, peraltro, si comprende l’insistenza del documento sull’importanza della domenica come il giorno in cui risplende la pienezza del mistero pasquale (cfr. nn. 72-75).
Il Santo Padre indica con forza il criterio dell’autentica creatività liturgica quando, al n. 12, afferma: «questo grande mistero viene celebrato nelle forme liturgiche che la Chiesa, guidata dallo Spirito, sviluppa nel tempo e nello spazio» cioè in tutte le culture. L’opera feconda dello Spirito Santo nella stessa celebrazione eucaristica (epiclesi) si manifesta «in particolare riferimento alla transustanziazione» (n. 13).
Eucaristia e Chiesa
La radice trinitaria, cristologica e pneumatologica della celebrazione del Mistero eucaristico costituisce la base per un approfondimento della realtà teologica della Chiesa in chiave eucaristica. Diversi sono gli argomenti che il Papa propone in merito. Innanzitutto il fatto che l’Eucaristia è il principio causale della Chiesa: «in ogni celebrazione confessiamo il primato del dono di Cristo. L’influsso causale dell’Eucaristia all’origine della Chiesa rivela in definitiva la precedenza non solo cronologica ma anche ontologica del suo averci amati "per primo". Egli è per l’eternità colui che ci ama per primo» (n. 14). Benedetto XVI, mentre afferma la circolarità tra l’Eucaristia che edifica la Chiesa e la Chiesa stessa che celebra l’Eucaristia, compie una significativa opzione magisteriale per il primato della causalità eucaristica su quella ecclesiale (cfr. n. 14). Anche questo approfondimento evidenzia un elemento di novità dottrinale di Sacramentum Caritatis.
L’origine eucaristica della Chiesa spiega poi il suo essere communio (cfr. n. 15) ed assicura la natura sacramentale della stessa Chiesa (cfr. n. 16).
L’Eucaristia e settenario sacramentale
Dal n. 16 al n. 29 l’Esortazione approfondisce la centralità dell’Eucaristia nel settenario sacramentale. Sono pagine particolarmente dense di indicazioni pastorali. Accenniamo alle più significative.
In primo luogo il riconoscimento del fatto che «la santissima Eucaristia porta a pienezza l’iniziazione cristiana e si pone come centro e fine di tutta la vita sacramentale» (n. 17). Questo implica la necessità di verificare la prassi dell’ordine con cui vengono conferiti i sacramenti dell’iniziazione cristiana (cfr. n. 18). Rispetto al sacramento della riconciliazione il Santo Padre insiste sull’esigenza di «un deciso recupero della pedagogia della conversione che nasce dall’Eucaristia» (n. 21) attraverso la confessione frequente, le attenzioni pastorali a livello parrocchiale (ivi compreso l’uso e la collocazione dei confessionali) e diocesano (assicurare la presenza del penitenziere) ed un’adeguata pastorale delle indulgenze. L’Unzione degli infermi e il santo Viatico offriranno ai fedeli la possibilità di associare «il sofferente all’offerta che Cristo ha fatto di sé per la salvezza di tutti» (n. 22).
Eucaristia e Ordine
Particolare attenzione merita il nesso tra l’Eucaristia e i sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio, sia a motivo del ricco scambio avutosi in aula sinodale su questi temi sia per l’autorevole ripresa da parte del Santo Padre. Questi due sacramenti – i sacramenti al servizio della comunione, come li chiama il Catechismo della Chiesa Cattolica - trovano nell’Eucaristia la loro profonda ragion d’essere ed il loro alimento più potente.
Il testo dell’Esortazione si sofferma in molti passaggi sul legame tra Eucaristia, sacramento dell’Ordine e spiritualità sacerdotale (cfr. nn. 23-26, 39, 53, 75 e 80). A tale proposito viene ribadita l’insostituibilità del sacerdozio ministeriale per la valida celebrazione della santa Messa, la quale non deve mai essere confusa con altre celebrazioni in attesa di sacerdote presiedute da ministri autorizzati (cfr. n. 75). Benedetto XVI, inoltre, accogliendo quanto proposto dall’Assemblea Sinodale, riafferma ed approfondisce la relazione tra ordinazione sacerdotale e celibato: «Pur nel rispetto della differente prassi e tradizione orientale, è necessario ribadire il senso profondo del celibato sacerdotale, ritenuto giustamente una ricchezza inestimabile (…) In tale scelta del sacerdote, infatti, trovano peculiare espressione la dedizione che lo conforma a Cristo e l’offerta esclusiva di se stesso per il Regno di Dio. Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito» (n. 24). In tal modo papa Benedetto XVI, riprendendo il Magistero dei suoi predecessori ed in particolare le ragioni cristologiche, ecclesiologiche ed escatologiche dell’enciclica di Paolo VI Sacerdotalis Caelibatus (1967), respinge ogni giustificazione del celibato su basi puramente funzionali. Si tratta invece di una scelta «sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo Sposo che dà la vita per la sua Sposa» (n. 14). Viene in tal modo riconfermata la prassi latina della obbligatorietà del celibato sacerdotale quale ricchezza inestimabile per l’intera communio ecclesiale.
Il forte ridimensionamento numerico del clero, in atto in alcuni continenti, deve essere fronteggiato anzitutto con la testimonianza della bellezza della vita sacerdotale, mostrando ai giovani la profonda con-venienza della sequela radicale di Cristo e, in secondo luogo, con una formazione vocazionale accurata, mediante una precisa proposta di vita spirituale e un rigoroso discernimento che verifichi l’autenticità della motivazione vocazionale (cfr. n. 25). Il Santo Padre riserva un sentito grazie in generale ai presbiteri e ai presbiteri fidei donum in particolare (cfr. n. 26).
Eucaristia e Matrimonio
In modo specifico l’Esortazione Apostolica fa proprie ed approfondisce le riflessioni sinodali riguardanti il rapporto tra la divina Eucaristia e lo stato matrimoniale. Benedetto XVI ricorda che l’Eucaristia, sacramento sponsale per eccellenza, «corrobora in modo inesauribile l’unità e l’amore indissolubili di ogni Matrimonio cristiano. In esso, in forza del sacramento, il vincolo coniugale è intrinsecamente connesso all’unità eucaristica tra Cristo sposo e la Chiesa sposa» (n. 27). Si comprende il forte incoraggiamento e la vicinanza della Chiesa a tutte le famiglie fondate sul sacramento del matrimonio, protagoniste dell’educazione cristiana dei figli (cfr. n. 19), nonché la cura che le comunità cristiane debbono profondere per l’accurata formazione dei nubendi (cfr. n. 29).
A partire dal carattere nuziale dell’Eucaristia Benedetto XVI rilegge il tema della unicità del matrimonio cristiano, facendo riferimento alla questione della poligamia (cfr. n. 28), ed a quella della indissolubilità del vincolo coniugale (cfr. n. 29). Il testo contiene importanti suggerimenti pastorali rispetto a quei battezzati che versano nella dolorosa situazione di aver celebrato il sacramento del matrimonio e di aver poi divorziato e contratto nuove nozze. L’Esortazione dopo aver ribadito che essi, «nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione» (n. 29), elenca ben nove modalità di partecipazione alla vita di comunità di questi fedeli che, pur senza ricevere la Comunione, possono così adottare uno stile cristiano di vita. Il Santo Padre ribadisce inoltre la necessità, quando sorgono dubbi legittimi, di verificare in tempi ragionevoli l’eventuale nullità matrimoniale, mediante accurate indagini dei tribunali ecclesiastici da svolgersi con spirito autenticamente pastorale e quindi pervaso di amore per la verità. Infine Benedetto XVI dà forma compiuta anche al suggerimento dei Padri sinodali circa la situazione di coloro che, avendo celebrato validamente il matrimonio, per condizioni obiettive si trovano a non poter sciogliere i nuovi legami contratti, proponendo loro, con adeguato supporto pastorale, di impegnarsi «a vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici, come fratello e sorella» (n. 29), cioè trasformando il loro legame in amicizia fraterna. Al di là di facili preconcetti, tale suggerimento configura una proposta coraggiosa e realistica. L’esperienza pastorale indica questa strada come appropriata per riprendere il proprio cammino di fede e l’accesso ai sacramenti «con le attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale» (n. 29). Questi fedeli potranno riordinare gradatamente nel tempo gli affetti secondo la prospettiva autentica dell’amore, significato dal sacramento dell’altare.
L’Eucaristia caparra della vita eterna
La rilevanza antropologica del dono eucaristico è messa in evidenza dall’Esortazione in modo affascinante, quando essa si sofferma sulla dimensione escatologica dell’Eucaristia (cfr. nn. 30-32). Il Santissimo Sacramento, infatti, è caparra della vita eterna poiché «la nostra libertà finita si smarrirebbe, se non fosse possibile già fin d’ora sperimentare qualcosa del compimento futuro» (n. 31).
2. Eucaristia, mistero da celebrare
La Seconda Parte dell’Esortazione (cfr. nn. 34-69) illustra lo svolgimento dell’azione liturgica nella celebrazione indicando gli elementi che meritano maggiore approfondimento ed offrendo alcuni suggerimenti pastorali di grande rilievo.
La bontà del rinnovamento liturgico
L’insegnamento racchiuso in questa Seconda Parte mette in evidenza la bontà della riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II. Talune difficoltà ed abusi «non possono oscurare la bontà e la validità del rinnovamento liturgico, che contiene ancora ricchezze non pienamente esplorate» (n. 3).
Alle fonti del rito eucaristico
Fedele al principio su cui si fonda tutto l’insegnamento proposto, l’Esortazione esordisce in questa seconda parte riconoscendo che «la sorgente della nostra fede e della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel Mistero pasquale» (n. 34). Ecco perché è necessario riconoscere con forza che «la liturgia eucaristica è essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito» e che, proprio in questo modo, «la Chiesa celebra il Sacrificio eucaristico in obbedienza al comando di Cristo, a partire dall’esperienza del Risorto e dall’effusione dello Spirito Santo» (n. 37). L’evento pasquale nell’azione eucaristica coincide così con il rito stesso inteso come radice del culto spirituale che imprime all’esistenza del cristiano una forma eucaristica.
Ne conseguono due considerazioni di carattere ad un tempo dottrinale e liturgico che costituiscono un originale apporto dell’Esortazione.
La bellezza liturgica
In primo luogo la sottolineatura della «bellezza intrinseca della liturgia» (n. 36) che «non è mero estetismo, ma modalità con cui la verità dell’amore di Dio in Cristo ci raggiunge, ci affascina e ci rapisce, facendoci uscire da noi stessi e attraendoci così verso la nostra vera vocazione: l’amore» (n. 35). Su questo principio trovano fondamento le indicazioni del Papa in merito alla ricchezza dei segni liturgici (silenzio, paramenti, gesti: stare in piedi, in ginocchio… cfr. n. 40), all’arte posta al servizio della celebrazione (cfr. n. 41) – in merito si può anche ricordare quanto detto a proposito della collocazione del tabernacolo nelle Chiese (cfr. n. 69) -, e al canto liturgico. Tutti questi elementi sono fondamentali per lo sviluppo di quella catechesi mistagogica che l’Esortazione, sulla scia di quanto affermato dai Padri sinodali, ha proposto come strada «che porti i fedeli a addentrarsi sempre meglio nei misteri che vengono celebrati» (n. 64).
Il nesso ars celebrandi – actuosa participatio: indicazioni pratiche
La seconda considerazione che costituisce un notevole apporto per l’approfondimento dottrinale-liturgico dell’Eucaristia, riguarda la cosidetta ars celebrandi e il suo nesso intrinseco con l’actuosa participatio. Ci siamo già soffermati su questo argomento trattato in particolare dal n. 38 di Sacramentum Caritatis. Ora ci preme sottolineare alcune indicazioni dell’Esortazione tese a favorire questa participatio.
Il Santo Padre afferma che «l’attiva partecipazione auspicata dal Concilio deve essere compresa in termini più sostanziali, a partire da una più grande consapevolezza del mistero che viene celebrato e del suo rapporto con l’esistenza quotidiana» (n. 52). Come si vede il riferimento è di nuovo all’unità articolata tra Mistero eucaristico, azione liturgica e nuovo culto spirituale. L’unità dei tre fattori appare evidente quando il Santo Padre descrive le condizioni personali per un’actuosa participatio (cfr. 55).
L’attiva partecipazione sarà inoltre favorita da un’ordinata inculturazione, che deve essere attuata «secondo le reali necessità della Chiesa, la quale vive e celebra il medesimo mistero di Cristo in situazioni culturali differenti» (n. 54). Le Conferenze Episcopali, d’accordo con la Santa Sede, si prenderanno cura di tale decisivo compito.
Sempre per favorire una partecipazione attiva più adeguata l’Esortazione si sofferma su taluni aspetti pastorali particolari – l’uso dei mezzi di comunicazione (cfr. n. 57); l’attenzione agli infermi e ai disabili (cfr. n. 58), ai carcerati (cfr. n. 59) e ai migranti (cfr. n. 60); le grandi concelebrazioni (cfr. n. 61) e le liturgie eucaristiche in piccoli gruppi (cfr. n. 63) – e propone un più normale ricorso alla lingua latina, soprattutto nelle grandi celebrazioni internazionali, senza trascurare il peso del canto gregoriano (cfr. n. 62). Non mancano inoltre precise indicazioni in merito alla partecipazione alle celebrazioni eucaristiche da parte dei cristiani non cattolici (cfr. n. 56) e anche di persone appartenenti ad altre religioni o non credenti (cfr. n. 50).
Su quanto questa actuosa partecipatio si esprima soprattutto nell’adorazione (cfr. nn. 66-69), e su come «l’ars celebrandi deve favorire il senso del sacro e l’utilizzo di quelle forme esteriori che educano a tale senso» (n. 40) abbiamo avuto già modo di soffermarci.
La struttura della Celebrazione eucaristica
La Seconda Parte dell’Esortazione vuole anche offrire un contributo in merito alla struttura della celebrazione eucaristica (cfr. nn. 43-51). Emerge un’altra volta l’importante coincidenza tra azione liturgica e rito. Solo un’adeguata prassi rituale esprime quell’ars celebrandi che rende possibile l’actuosa participatio. Innanzitutto il Papa richiama «l’unità intrinseca del rito della santa Messa» (n. 44), che si deve esprimere anche nel modo con cui viene curata la liturgia della Parola. Infatti «la Parola che annunciamo ed ascoltiamo è il Verbo fatto carne (cfr Gv 1,14) ed ha un intrinseco riferimento alla persona di Cristo e alla modalità sacramentale della sua permanenza» (n. 45). Anche l’omelia deve contribuire a mostrare la stretta relazione della Parola di Dio «con la celebrazione sacramentale e con la vita della comunità» (n. 46). Inoltre Benedetto XVI richiama la notevole valenza educativa per la vita della Chiesa, soprattutto nell’attuale frangente storico, della presentazione dei doni (cfr. n. 47), dello scambio della pace (cfr. n. 49) e dell’Ite missa est (cfr. n. 51). Il Santo Padre affida lo studio di possibili modifiche su questi due ultimi punti ai competenti Dicasteri. Infine Benedetto XVI insegna che «la spiritualità eucaristica e la riflessione teologica vengono illuminate se si contempla la profonda unità nell’anafora tra l’invocazione dello Spirito Santo e il racconto dell’istituzione» (n. 48).
3. Eucaristia, mistero da vivere
Nella Terza ed ultima parte l’Esortazione Apostolica (cfr. nn. 70-93) mostra la capacità del mistero creduto e celebrato di costituire l’orizzonte ultimo e definitivo dell’esistenza cristiana: «il mistero "creduto" e "celebrato" [possiede] in sé un dinamismo che ne fa principio di vita nuova in noi e forma dell’esistenza cristiana» (n. 70).
La rilevanza antropologica dell’Eucaristia
La riflessione della Terza Parte è in realtà già anticipata fin dall’inizio dell’Esortazione quando viene ribadita con forza la rilevanza antropologica dell’Eucaristia.
Con i tratti sobri ma incisivi che caratterizzano il suo insegnamento, Benedetto XVI riafferma, fin dalla prime righe dell’Esortazione, che il dono dell’Eucaristia è per l’uomo, risponde alle attese dell’uomo. Ovviamente di ogni uomo di ogni tempo, ma specificamente dell’uomo nostro contemporaneo: «Nel sacramento dell’altare, il Signore viene incontro all’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 27), facendosi suo compagno di viaggio. In questo Sacramento, infatti, il Signore si fa cibo per l’uomo affamato di verità e di libertà» (n. 2). La scelta delle parole usate - cuore mendicante, verità e libertà (cfr. n. 2) – non è certo casuale. Del tutto estranei a qualunque fuga spiritualistica dal mondo e dalle circostanze in cui sono chiamati a vivere, i cristiani incontrano nella celebrazione eucaristica il Dio vivo e vero capace di salvare la loro vita. E questa salvezza ha come interlocutrice l’umana libertà. Il dono dell’Eucaristia, infatti, interpella originariamente la libertà dell’uomo e ne costituisce l’anticipo della definitiva liberazione. Richiamando un tratto assai suggestivo dell’antropologia di sant’Agostino, il Santo Padre ricorda che l’uomo è coinvolto in totale libertà nelle proprie azioni solo là dove il proprio desiderio costitutivo è messo in gioco: l’anima che cosa desidera più ardentemente della verità? Pertanto, «proprio perché Cristo si è fatto per noi cibo di Verità, la Chiesa si rivolge all’uomo, invitandolo ad accogliere liberamente il dono di Dio» (n. 2). Inoltre, affidando ai Suoi discepoli il memoriale del dono del Suo corpo e del Suo sangue, Gesù coinvolge la loro libertà nel Suo stesso rendimento di grazie al Padre, inaugurando così il nuovo culto a Dio, mediante il quale l’intera esistenza è posta sotto il segno della salvezza operata dal sacrificio di Cristo.
Logiké latreía e forma eucaristica dell’esistenza cristiana
La rilevanza antropologica dell’Eucaristia emerge con tutta la sua forza nel culto nuovo caratteristico del cristiano. Di grande profondità e bellezza sono i numeri dedicati dall’Esortazione alla logiké latreia, il culto spirituale (cfr. nn. 70-71), e alla forma eucaristica dell’esistenza cristiana (cfr. n. 76), un’espressione che ricompare molto spesso in questa Terza Parte (cfr. nn. 70, 71, 76, 77, 80, 82, 84). Il culto cristiano vi risplende in tutta la sua forza e novità. Sulla base dell’azione eucaristica ogni circostanza dell’esistenza diventa per così dire "sacramentale". Non c’è più separazione assoluta tra sacro e profano.
Il Mistero eucaristico rappresenta il fattore dinamico che trasfigura l’esistenza. Rigenerato dal battesimo e incorporato eucaristicamente alla Chiesa l’uomo può finalmente compiersi pienamente, imparando ad offrire il "proprio corpo" – cioè tutto se stesso - come sacrificio vivente santo e gradito a Dio (Rm 12, 1-2). «Non c’è nulla di autenticamente umano – pensieri ed affetti, parole ed opere - che non trovi nel sacramento dell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza. Qui emerge tutto il valore antropologico della novità radicale portata da Cristo con l’Eucaristia: il culto a Dio nell’esistenza umana non è relegabile ad un momento particolare e privato, ma per natura sua tende a pervadere ogni aspetto della realtà dell’individuo. Il culto gradito a Dio diviene così un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell’esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio. La gloria di Dio è l’uomo vivente (cfr 1Cor 10, 31). E la vita dell’uomo è la visione di Dio» (n. 71).
Appartenenza ecclesiale, evangelizzazione delle culture e vita come vocazione
«La forma eucaristica dell’esistenza cristiana è indubbiamente una forma ecclesiale e comunitaria» (n. 76).
Essa implica, inoltre, la possibilità di una cultura nuova, cioè di quel «rinnovamento di mentalità» (n. 77), capace di «confrontarsi con ogni realtà culturale, per fermentarla evangelicamente» (n. 78).
Questo rapporto con le culture degli uomini nasce dal fatto che «l’Eucaristia, come mistero da vivere, si offre a ciascuno di noi nella condizione in cui egli si trova, facendo diventare la sua situazione esistenziale luogo in cui vivere quotidianamente la novità cristiana» (n. 79). Questa è anche la ragione per cui il Santo Padre parla di «vita come vocazione» (n. 79). Tutti i fedeli cristiani sono chiamati a vivere la propria vita come vocazione sul solido fondamento dell’Eucaristia: i fedeli laici (cfr. n. 79), i sacerdoti (cfr. n. 80) e coloro che sono stati chiamati alla vita consacrata (cfr. n. 81). L’esistenza di ogni cristiano è vista da Sacramentum Caritatis come la risposta umile e lieta all’esaltante chiamata del Padre.
Trasformazione morale e coerenza eucaristica
Ogni fedele è pertanto chiamato ad una profonda trasformazione della propria esistenza. Afferma il Santo Padre: «La trasformazione morale implicata nel nuovo culto istituito da Cristo, è una tensione e un desiderio cordiale di voler corrispondere all’amore del Signore con tutto il proprio essere, pur nella consapevolezza della propria fragilità» (n. 82).
Rilievo particolare acquista in quest’ottica la responsabilità dei cristiani che ricoprono cariche pubbliche e politiche: «per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non sono negoziabili. Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana. Ciò ha peraltro un nesso obiettivo con l’Eucaristia (cfr 1 Cor 11,27-29). I Vescovi sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato» (n. 83).
Testimonianza come forma della missione
Nell’offerta della propria vita si può identificare la sorgente permanente della testimonianza. Vivere il Mistero eucaristico significa anche essere introdotti ad una conoscenza nuova della realtà e ad una nuova coscienza della propria responsabilità. Ecco perché Benedetto XVI approfondisce la relazione tra Eucaristia e missione (cfr. n. 84) in termini di testimonianza: «La prima e fondamentale missione che ci viene dai santi Misteri che celebriamo è di rendere testimonianza con la nostra vita. Lo stupore per il dono che Dio ci ha fatto in Cristo imprime alla nostra esistenza un dinamismo nuovo impegnandoci ad essere testimoni del suo amore» (n. 85). La testimonianza-missione – che non ha altro intento se non «portare Cristo» (n. 86) - diviene in tal modo la modalità con cui il mistero dell’Eucaristia documenta la fecondità dell’esistenza credente.
Benedetto XVI ci ricorda che «diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si comunica. Si può dire che la testimonianza è il mezzo con cui la verità dell’amore di Dio raggiunge l’uomo nella storia, invitandolo ad accogliere liberamente questa novità radicale. Nella testimonianza Dio si espone, per così dire, al rischio della libertà dell’uomo» (n. 85).
Emblema ed archetipo di questa dinamica è la testimonianza del martire, culmine del nuovo culto spirituale gradito a Dio. Nel martire che dona la vita per testimoniare la verità dell’amore come significato esauriente della propria vita, l’Eucaristia si mostra in tutto il fulgore della sua verità. Non manca a questo proposito un riferimento alla libertà di culto e alla libertà religiosa (cfr. n. 87).
Implicazioni sociali e cosmologiche della forma eucaristica dell’esistenza cristiana
La forma eucaristica dell’esistenza cristiana riguarda ogni fedele battezzato, indipendentemente dallo stato di vita a cui egli è chiamato. Ecco perché l’Esortazione raccomanda vivamente a tutti, ma in particolare ai fedeli laici, di «coltivare il desiderio che l’Eucaristia incida sempre più profondamente nella loro esistenza quotidiana, portandoli ad essere testimoni riconoscibili nel proprio ambiente di lavoro e nella società tutta» (n. 79).
Parte integrante della forma eucaristica dell’esistenza cristiana è la capacità del sacramento memoriale della nostra salvezza di farci guardare alla storia e al mondo intero con occhi nuovi. In effetti, come ricorda Benedetto XVI, «nell’Eucaristia si rivela il disegno di amore che guida tutta la storia della salvezza (cfr. Ef 1, 10; 3, 8-11)» (n. 8). Le numerose e precise implicazioni sociali del Mistero eucaristico creduto, celebrato e vissuto, che il Papa elenca possono essere comprese proprio alla luce della missione testimoniale della fede (cfr. nn. 88-91).
L’Esortazione non esita ad affermare che «l’Eucaristia spinge ogni credente… a farsi "pane spezzato" per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno» (n. 88). Addirittura «è attraverso lo svolgimento concreto di questa responsabilità che l’Eucaristia diventa nella vita ciò che essa significa nella celebrazione» (n. 89). Ancora più forti si fanno le espressioni di Benedetto XVI in relazione alle situazioni di ingiustizia sociale, di violenze e guerre, di terrorismo, di corruzione e sfruttamento (cfr. n. 89) ed alla indigenza dell’uomo (cfr. n. 90). La Chiesa che vive dell’Eucaristia, soprattutto attraverso la responsabilità dei suoi fedeli laici, non può che essere presente nella storia e nella società in favore di ogni uomo, in particolare di chi a causa dell’ingiustizia e dell’egoismo di tanti, soffre l’indigenza, la fame e situazioni endemiche di malattia perché non ha accesso alle più elementari risorse alimentari e sanitarie. Gesù, cibo di verità – afferma l’Esortazione Apostolica - «ci spinge a denunciare le situazioni indegne dell’uomo, in cui si muore per mancanza di cibo a causa dell’ingiustizia e dello sfruttamento, e ci dona nuova forza e coraggio per lavorare senza sosta all’edificazione della civiltà dell’amore» (n. 90). La Dottrina Sociale della Chiesa è uno strumento prezioso per l’educazione alla giustizia e alla carità (cfr. n. 91).
Agli occhi della fede eucaristica il nesso tra Eucaristia e cosmo non è certo facoltativo. Del resto la stessa Celebrazione eucaristica implica l’offerta del pane e del vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo: «Nel rapporto tra l’Eucaristia e il cosmo, infatti, scopriamo l’unità del disegno di Dio e siamo portati a cogliere la profonda relazione tra la creazione e la "nuova creazione", inaugurata nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo» (n. 92). Il tema della salvaguardia del creato è sviluppato ed approfondito in relazione al disegno buono di Dio su tutta la creazione. La realtà non è mera materia neutrale alla mercè della manipolazione tecnico-scientifica, ma è voluta da Dio in vista della ricapitolazione in Cristo di tutte le cose. Da qui la responsabilità per la salvaguardia del creato propria del cristiano nutrito dell’Eucaristia.
IV. Il metodo eucaristico
Per concludere questo invito alla lettura dell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis, vorrei riprendere una preziosa indicazione di metodo contenuta nell’insegnamento di Benedetto XVI.
Mi riferisco alla convinzione che nell'autenticità della fede e del culto eucaristico si trova il segreto di una ripresa della vita cristiana capace di rigenerare il Popolo di Dio. Nel mistero della divina Eucaristia si spalanca l’accesso alla realtà di Dio che è amore. Si dischiude la vera intelligenza della realtà.
In questa prospettiva «l’Eucaristia stessa getta una luce potente sulla storia umana e su tutto il cosmo» (n. 92). Ci troviamo di fronte ad una profonda prospettiva sacramentale – che riprende esplicitamente l’insegnamento del Servo di Dio Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et ratio 13 (cfr. n. 45) - in cui «impariamo, giorno per giorno, che ogni evento possiede il carattere di segno, attraverso il quale Dio comunica se stesso e ci interpella. In tal maniera, la forma eucaristica dell’esistenza può davvero favorire un autentico cambiamento di mentalità nel modo con cui leggiamo la storia ed il mondo» (n. 92).
Dove è possibile contemplare la verità di queste affermazioni? Benedetto XVI lo dice con chiarezza nella Prima Parte e nella Conclusione dell’Esortazione Apostolica: «In Maria Santissima vediamo perfettamente attuata anche la modalità sacramentale con cui Dio raggiunge e coinvolge nella sua iniziativa salvifica la creatura umana» (n. 33). «Da Lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi persone eucaristiche ed ecclesiali» (n. 96).
Il Mistero eucaristico fa così scoprire che ogni circostanza della vita è inscritta nell’orizzonte sacramentale. Cristo non cessa mai di bussare alla porta della nostra libertà perché abbiamo ad accoglierlo e a lasciarci trasformare dal Suo amore redentore.
«Vero amore è Gesù, e salute ne dà a chi segue virtù». Gesù, infatti, ama veramente perché ama per primo senza nulla attendere in cambio, ed ama in ogni istante come se fosse l’ultimo.
[Modificato da TERESA BENEDETTA 13/03/2007 14.59]