Nelle città, il numinoso è latente, nascosto, fioco, eppure non è scomparso, come rivelano talvolta alcune vaghe sensazioni. Esso si rifugia nelle zone incolte in cui crescono e fioriscono le piante selvatiche, nonché in quelle meno addomesticate dei parchi che si estendono e s’innalzano a poche decine di minuti di cammino dalla città. Se ci si dispone ad accogliere, se ne può percepire la magia, soprattutto nei luoghi intrisi di ricordi.
Ciò che il mondo moderno tende a distruggere, sopravvive negli anfratti, e diffonde la magia della vita, delicatamente, con pudore, per non attirare l’attenzione dei nemici, che ne sono violentemente irritati e vorrebbero addomesticarla, oppure annientarla. Fortunatamente, molti nemici e molti complici indifferenti sono distratti, e non si accorgono di ciò che traspare attraverso la più semplice, dimessa, e apparentemente innocua vegetazione selvatica.
In rilassata attenzione si può essere pervasi dal tremulo eco del primevo; si può intuire che nella possente e amorevole rinascita della vita selvaggia ogni residuo e ogni ricordo del mondo attuale scompariranno; si può capire che gli anfratti numinosi sparsi e trascurati nelle città sono sorrisi e sospiri di speranza nel rinnovamento della vita e del divino.
Col tempo non resteranno più, del mondo odierno, neppure i ruderi in cui è accumulato il tempo. Tutto sarà avvolto nel verdeggiante abbraccio del numinoso, e si potrà di nuovo respirare, ascoltare e amare, senza fretta e senza violenza. La vita non avrà più nemici, non vi sarà più distinzione fra musica e silenzio. Nell’assenza del tempo umano, il ricordo sarà visione di futuro e la visione di futuro sarà memoria del passato, nell’attimo infinito del presente.
Talvolta, nel bosco, è possibile provare queste sensazioni, ripensando alla fanciullezza e all’amore, mentre gli insetti ronzano, le fronde palpitano nella brezza, gli uccelli cantano, il vento sospira, e il rumore lontano del traffico quasi annega nella quiete. Il numinoso fluisce quieto e vago nel corpo, rinvigorendo l’anima. Un lieve fremito di armonica fusione pervade il torace, ricordo e annuncio di qualcosa che non del tutto consapevolmente esiste, palpita, respira.
La carezza di una mano amata e gentile, la vicinanza di un'anima affine, un sussurro di labbra morbide e profumate che sorridono e s’imbronciano in armonia, uno sguardo fosco e corrusco, colmo d’affetto e sintonia, sarebbero una lenta, quieta, prolungata estasi, colma di riso e di lacrime, dilagante di vita.
Per le anime affini, i sentieri potrebbero essere percorsi nell’Altrove. Ai bivi e ai trivi gli amanti passerebbero oltre, e sui sentieri proseguirebbero Altrove, lontano, nel tempo e nello spazio. Sia nella solitudine dei giorni feriali, sia nell’affollamento domenicale, i gitanti passerebbero accanto a loro senza vederli, quasi che fossero trasparenti, e se per un attimo li guardassero e li vedessero distrattamente, neppure sospetterebbero che invece sono anima e corpo altrove, o meglio, non si renderebbero conto che il qui e ora in cui essi stessi vagano senza coscienza è soltanto un limbo, il quale, per un istante fuggevole, incrocia l’Altrove degli amanti, che invece è tempo vero: il tempo che non scorre, in cui passato, presente e futuro coesistono, condensati nell’istante della contemplazione, e in cui la fusione delle anime affini moltiplica la forza dell’incanto.